Forbici che tagliano un foglio
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Sinistra, la sfida della discontinuità

 

Le elezioni nazionali che hanno determinato lo spostamento a destra del paese e ciò ha inevitabilmente prodotto uno smottamento all’interno dello scenario politico nazionale. In particolare a sinistra, dopo la solenne sconfitta si sta cercando di aprire una riflessione sugli errori commessi e sulle possibili strategie da mettere in campo per recuperare terreno e consenso. Il Pd a livello nazionale sta provando attraverso il congresso a ritrovare una strada, e soprattutto una credibilità. Altri mondi prendono atto della necessità di ricreare un’area di sinistra oggi mancante in un paese che sembra dominato dalla presenza di forze politiche di destra e di centro, dove dove la sinistra rimane residuale e sostanzialmente inutile. Un popolo di sinistra esiste e si manifesta nelle diverse forme dell’astensione, del sostegno al M5S, e di quello ai partitini residuali, oltre che turandosi il naso nel Pd. A dire il vero le elezioni in particolare hanno evidenziato proprio questo, che un popolo di sinistra c’è, ma manca il contenitore capace di dargli una chiara e definita identità.

Sia a livello nazionale che locale questa situazione è stata compresa e alcuni ci stanno già lavorando. A livello nazionale in particolare Fassina ha dato forma a un primo nucleo dialogante con il M5S, che con la nuova gestione Conte sembra avere sposato un programma decisamente di sinistra. Anche altri nel Pd e in aree civiche e di sinistra più radicale s’interrogano sulla possibilità di un dialogo con il M5S, e sulla possibilità di ricomporre una rappresentanza di quell’area di sinistra oggi mancante. La situazione nazionale è simile a quella umbra ma non è sovrapponibile ad essa, perché l’Umbria ha una sua storia, e se vuole guardare avanti deve farci i conti fino in fondo, altrimenti ogni ipotesi di rinnovamento risulterà inutile.

In questa regione a tutte le sconfitte nelle città e in regione non è stata data la dignità di un’analisi e di una discussione. Tutto ha proceduto senza disturbare i manovratori, senza vagliarne le responsabilità e bloccando così qualsiasi ipotesi di reale rinnovamento. Se c’è un problema di rappresentanza della sinistra a livello nazionale, qui è ancora più evidente perché in Umbria la sinistra non ha subìto una sconfitta ma ha organizzato un suicidio e dilapidato un enorme patrimonio di consenso e di governo arrendendosi senza combattere. Se si punta a ricostruire un’area di sinistra rappresentativa, credibile, duratura e convincente (non solo vincente) occorre assolutamente tenere conto di questo di questo aspetto e fare una grande operazione di trasparenza e di verità. Occorre essere chiari: per vincere potrà essere sufficiente l’ammucchiata con renziani, calendiani, civici e altri; se invece si punta ad agire in maniera più profonda si devono ricostruire un pensiero, un programma e una partecipazione ideale articolati su tutto il territorio. E allora allora occorre discontinuità con il passato. L’attendibilità di un progetto di ricostruzione della sinistra locale ha cioè alla sua base la cesura con il vecchio mondo e con tutta quell’area e quella commistione politico-amministrativa-clientelare che ha portato l’Umbria alla stagnazione e l’ha consegnata alla destra conservatrice e identitaria che oggi la governa.

Le elezioni nazionali, hanno dimostrato che anche in Umbria, nell’area del dissenso, nel non voto e in parte nel voto utile, esiste un’insofferenza che può trasformarsi in consenso e rappresentanza politica. L’opportunità però è fortemente minacciata da un aspetto non secondario che caratterizza un pezzo di politica umbra: il conservatorismo dei gruppi dirigenti e delle rappresentanze politiche e sociali. La politica in Umbria si è caratterizzata negli ultimi anni per circoli chiusi e lotte intestine, per guerre fratricide tra gruppi di potere, un agire che ha selezionato la partecipazione politica attraverso la fedeltà ai capi e ha prodotto una classe dirigente segnata dagli stessi difetti di quella che l’ha preceduta. Ciò ha dato luogo a un sistema che è andato degenerando attraverso la ricerca ossessiva del consenso e soprattutto attraverso l’occupazione e la gestione della macchina pubblica, in tutta la sua potente e pervasiva articolazione: dai sindaci, ai dirigenti, ai funzionari. Quel sistema, oggi appare incapace di affrontare le politiche necessarie per una regione in pieno declino. Ed è un sistema peraltro diventato insopportabile per i cittadini, che nel 2019 hanno pensato bene di liberarsene.

L’occasione e lo spazio per la sinistra sembrerebbero esserci ma la domanda rimane: per fare cosa? Per provare a costruire una nuova sinistra in connessione con le difficoltà e le aspirazioni delle persone o semplicemente per riprendersi il potere? Se si tratta di riprendersi il potere e tornare a occupare posti e avere garantite rendite e privilegi sarà sufficiente l’ammucchiata di cui abbiamo già detto. Basterà una sinistra riverniciata e trasformista pronta ad allearsi con i transfughi e i finti civici di comodo per riproporre né più né meno lo stesso sistema che essi stessi hanno contribuito a costruire e che gli umbri hanno bocciato. Consapevoli però che la memoria peserà, e non aiuterà chi è stato partecipe della fine della sinistra locale, e chi persino responsabile della vittoria della destra.

Ricostruire una sinistra in Umbria comporta quindi prima di tutto pensare ad un’altra cosa, distinta e distante da quella degenerata che ha consegnato la regione alla destra. Centralità del lavoro, conflitto, riforme, giustizia sociale, difesa della Costituzione; persino un’ecologia integrale o un neo-umanesimo saranno possibili solo se passano per un evidente e sincero cambiamento. L’unica speranza può quindi essere una classe dirigente nuova, che non abbia nulla e non abbia avuto nulla a che vedere con incarichi politici o amministrativi, con listini, leggi elettorali orribili, dirigenze, incarichi del passato, cioè con responsabilità e privilegi di una gestione deplorevole che si è caratterizzata per essere il vero male oscuro del governo regionale.

La sinistra che si candidi al cambiamento provando a cogliere l’occasione, deve essere limpida, non ricattabile, capace di pensare altrimenti, di elaborare progetti nuovi, alternativi, aperti e inclusivi, di coinvolgere i giovani offrendo loro le condizioni per crescere e poter scegliere di fare esperienze fuori o di restare, cioè capace di costruire opportunità e futuro, non di condannare le intelligenze a emigrare. Questo sarebbe in parte il programma di una sinistra innovativa che può guardare al M5S unendo il senso di rinnovamento, l’attenzione per gli ultimi, la giustizia sociale, la lotta alle disuguaglianze e ai privilegi, e l’impegno per la pace in maniera credibile.

Il nuovo asse Calenda-Renzi a livello locale è la dimostrazione palese dell’opportunismo e del trasformismo che esiste sia a destra che a sinistra. Il futuro rischia insomma di essere ipotecato da vecchi arnesi e mestieranti della politica che hanno fiutato l’aria e colto nelle debolezze del sistema e nelle sue incertezze nuove opportunità per riciclarsi. Il sottobosco della politica locale è già un formicolare di movimenti che vanno verso il ritorno, la riconquista di spazi e privilegi personali, basta leggere i giornali o prestare attenzione alle vicende del territorio per rendersi conto di questo lavorìo incessante, peraltro già saggiato in occasione delle elezioni nazionali e in quelle municipali, dove l’operazione grande trasformismo si è già manifestata.

Sarà capace l’Umbria di dare vita a un’offerta credibile con un progetto alternativo e di medio-lungo periodo, senza farsi imbrigliare nelle logiche di potere e di privilegio, senza farsi trascinare nelle vecchie abitudini? La sinistra è in grado di proporsi per completare l’offerta locale, oggi limitata a quella conservatrice e centrista, per offrire un progetto che i vecchi sistemi di destra o centrosinistra non sono in grado di realizzare, e neanche di pensare? A questo proposito andrebbe compreso anche ciò che pensa e intende fare il M5S locale, che progetto ha per l’Umbria, se gode di un’autonomia locale o dipende interamente da scelte nazionali, perché la costruzione di un’area di sinistra progressista e credibile passa anche per questa convergenza.

L’evoluzione delle vicende politiche in questa regione deve insomma essere valutata con un metro diverso da quello nazionale, l’Umbria deve fare i conti con la propria storia e valutarne bene le vicende e i protagonisti per non tornare a commettere gli stessi errori. Prima di vincere, l’obiettivo dev’essere quello di costruire una proposta nuova e alternativa e restituire senso e rappresentanza a un’area mortificata. E da queste parti il rinnovamento è pratica particolarmente difficile perché deve fare i conti con la minaccia del trasformismo. Per questo la parola discontinuità assume un valore cruciale. Misurare le vicende con questo metro aiuterà molto a valutare la credibilità del progetto che verrà messo in campo, perché sarà soprattutto l’opera di bonifica dai residui del vecchio sistema che alla fine determinerà più di ogni altro aspetto la possibilità di un riscatto.

In copertina, foto da pxhere.com

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