Udienza di Papa Francesco
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Ritroviamo l’umanità

 

Il 4 ottobre del 2013 papa Francesco si reca ad Assisi per una visita pastorale ed ha in volto i segni della tragedia di Lampedusa, dove si era recato il giorno prima. È stato il naufragio di un’imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti avvenuto il 3 ottobre 2013 a poche miglia dal porto di Lampedusa. Il naufragio ha provocato 368 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, numeri che lo pongono come una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo. I superstiti salvati sono 155, di cui 41 minori (uno solo accompagnato dalla famiglia).

Ad oggi Il numero delle vittime di naufragi del genere continua a salire e tocca ormai quota 26 mila in dieci anni. Già 225 nel solo 2023, calcolando quelli del naufragio di domenica 26 febbraio davanti alle coste crotonesi. Erano stati 2.406 nel 2022. Sono le vittime dei viaggi della speranza. Migranti partiti dall’Africa e dall’Asia col sogno di raggiungere l’Europa. Ma annegati durante la traversata, prima di toccare terra. A volte a pochi metri dalla meta, come è accaduto per l’ultimo barcone partito dalla Turchia. E il Mediterraneo diventa così un vero e proprio cimitero che inghiotte i corpi senza più restituirli per la sepoltura o l’identificazione. La stima delle vittime è per difetto, poiché non tiene conto dei tanti naufraghi invisibili e quindi i morti sono molti di più. Dopo dieci anni da quella data ci troviamo ancora una volta di fronte ad un’altra tragedia. Non è ora di dire basta? Questo governo ha approvato decreti per depotenziare i soccorsi in mare. Basta?

A novembre 2019 il cardinale di Bologna Matteo Maria Zuppi, oggi presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha pubblicato un libro insieme a Lorenzo Fazzini, “Odierai il prossimo tuo”. Vi si legge che «ciascuno di noi ha il dovere di aiutare a costruire un futuro migliore. Siamo chiamati a lasciare il nostro segno nella Storia, “un’impronta” chiedeva Papa Francesco ai giovani della Giornata Mondiale a Cracovia, chiedendo a loro e a noi tutti di alzarci dal “divano” delle nostre comodità. […] Giovanni XXIII parlava dei “segni dei tempi”: eventi e situazioni che ci interrogano e ci chiedono di vivere la vocazione evangelica e compiere i “prodigi della prima generazione. Senza la Storia, il Vangelo è come seme gettato fuori dalla terra buona che lo farebbe germogliare, e il Vangelo, incarnazione di Dio che si è fatto uomo, chiede proprio di incarnarci nella nostra vita e nel nostro oggi. Ci chiede di non perderci, ma di tenere in alto la luce che è stata accesa nel mondo anche per riconoscere i più piccoli fratelli di Gesù. L’immigrazione è uno di questi “segni dei tempi”».

L’ Arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, ai funerali di Antonio Megalizzi, giovane reporter morto a Strasburgo a seguito di un attentato terroristico, a conclusione della sua omelia, dice: «Antonio, tu ci hai insegnato che l’unico confine da difendere è il volto dell’altro». Quando dobbiamo aspettare ancora per ritrovare la nostra umanità?

Nella foto tratta dal profilo Flickr della Fondazione don Gnocchi, l’udienza di papa Francesco del 31 ottobre 2019

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