Un nodo
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Il nodo elettorale

 

Questa campagna elettorale per le elezioni comunali della città di Perugia ha portato al centro dell’attenzione dei cittadini l’annosa questione del Nodo di Perugia, del Nodino per l’esattezza perchè l’unico progetto che attende i finanziamenti è questo. Non che questo argomento non fosse già sotto i riflettori, ma la forza con cui il centrodestra attraverso quello che è se non il padre, l’erede – seppure di famiglia politica diversa – del progetto, vale a dire l’assessore regionale Enrico Melasecche, è stata particolarmente virulenta (e probabilmente ancora lo sarà in questi ultimi giorni di campagna elettorale). L’assessore regionale alle infrastrutture, ai trasporti e alla mobilità urbana infatti, si è più e più volte espresso attraverso i media locali sull’argomento, chiedendo ripetutamente e a gran voce (con toni talvolta fin troppo accesi e a mio parere inopportuni, considerando il differente livello istituzionale) ai candidati e alle candidate (e ad una in particolare) quale fosse la loro (la sua) posizione su quest’opera, come se questa fosse la battaglia di tutte le battaglie.

Alzare la voce, come si sa, non equivale ad avere ragione, anzi. E non parlo solo del merito della questione – visto che l’utilità e la sostenibilità dell’opera per la risoluzione dei problemi di traffico per l’area perugina sono state da più fonti (incluse Anas, Provincia di Perugia e fino a tre anni fa anche giunta comunale uscente) messe in discussione – ma anche e soprattutto del metodo. Della forma potremmo anche dire, oltre che della sostanza. E del modo con cui è stato gestito il Nodino in termini di partecipazione e condivisione del progetto con i cittadini di Perugia.

Nel 2020 quando incontrammo per la prima volta, con il coordinamento dei comitati, delle imprese e dei cittadini contrari all’opera, l’assessore Melasecche, facemmo poche e ancora oggi del tutto condivisibili richieste. Intervenire subito (era il 2020) sulla tratta dove si verificano i rallentamenti (all’altezza di Ponte San Giovanni, in direzione del raccordo Siena Bettolle), mettendo in sicurezza e potenziando (a livello di segnaletica, controlli video e canalizzazioni) dove e come possibile l’attuale tratto di E45 tra Collestrada e Ponte San Giovanni. Avendo l’assessore Melasecche anche la delega per la sicurezza stradale, ci sembrava perfettamente congruo porre direttamente a lui la questione. Per di più l’assessore in quel periodo ad ogni incidente si mostrava piuttosto solerte nel segnalare la pericolosità di questa strada e dunque la necessità di una sua messa in sicurezza. Sicurezza che significa salute dei cittadini in termini di incolumità e benessere. Perché non intervenire subito lungo l’intera tratta Collestrada-Ponte San Giovanni, peraltro piuttosto breve, con guard rail più alti, ad alto contenimento, e perché ancora dopo tutti questi anni non sono state installate le barriere antirumore lungo l’abitato frontaliero di Ponte San Giovanni? Su questo punto, a mio parere, dopo cinque anni di assessorato c’è una grave mancanza per la quale bisognerebbe rendere conto in particolare ai cittadini di Ponte San Giovanni.

Altro intervento che chiedemmo in quell’incontro, fu quello di risolvere “l’effetto imbuto” causato dal restringimento da due a una corsia (per di più in salita, che non è leggera per i camion) che si registra appena dopo l’uscita verso Perugia e il raccordo, e che è la vera causa dei rallentamenti quando i livelli di traffico si fanno elevati. Dal momento che esisteva già (ed esiste) un progetto di raddoppio delle rampe ad opera di Anas, nel giro di due o tre anni (quindi già in questo 2024) si sarebbe potuto verificare se questa soluzione – la più logica, rapida e sostenibile – sarebbe stata risolutiva del problema. Peraltro il costo di questo progetto, che allora era di circa 50 milioni, e i tempi di realizzazione di due-tre anni, suggerivano di intraprendere una decisione di questo tipo. Se avesse funzionato avremmo già risolto il problema, altrimenti oggi si sarebbero potuti prendere in considerazione progetti più onerosi con dati affidabili.

Un’altra ragionavole questione che all’epoca fu posta all’assessore Melasecche fu quella dell’analisi sui flussi di traffico che di lì a poco sarebbero stati pubblicati, vale a dire resi ufficiali, e che ora troviamo nel progetto definitivo dell’opera. Secondo questi dati di traffico infatti, ci pareva (e successivamente è apparso evidente a tutti, compresa Anas) del tutto irrisoria la percentuale di traffico che l’opera del Nodino, (la tratta Collestrada-Madonna del Piano) avrebbe potuto intercettare; ciò a fronte di un costo (poi lievitato) a quasi 500 milioni di euro e di un impatto sul territorio molto pesante a livello sociale/economico (decine e decine di espropri) e ambientale (un consumo di suolo agricolo anche di pregio, violazione di due zone speciali di conservazione e alterazione di paesaggi fortemente identitari come quello collinare e della piana del fiume Tevere, lato Torgiano e lato Perugia). Per non parlare poi degli enormi disagi che la realizzazione dell’opera, stimata in almeno 10 anni, comporta in termini di cantieri e passaggio di camion previsto in particolar modo negli abitati lungo e attorno al paese di Ponte San Giovanni. In poche parole, chiedemmo un’analisi di costi e benefici come quella che insegnano fin dai primi anni di università nelle facoltà economiche, scientifiche e ingegneristiche. Su nessuna di queste due richieste ci è stata mai data risposta, né è stata intrapresa una conseguente azione, ad eccezione della recente installazione e parziale messa in funzione dei cartelli alti e luminosi lungo la tratta.

Il progetto del Nodino, quindi, è stato portato avanti negli anni successivi e sviluppato fino a diventare da preliminare a definitivo senza alcun vero dibattito, senza nessun reale confronto o discussione aperta e partecipata con i cittadini. In tutti questi anni non è stata fatta alcuna presentazione pubblica degna di questo nome, nonostante per il progetto dell’opera siano stati già spesi 10 milioni di euro pubblici. Prova ne è che se oggi chiediamo a un cittadino di Perugia, dove parte, dove passa e dove arriva il Nodino di Perugia, credo che solo una piccola percentuale risponderebbe in modo sufficientemente corretto. È vero che il cittadino medio se un’opera infrastrutturale non lo riguarda da vicino il più delle volte non se ne occupa, ma se un assessore pone quest’opera convintamente e apertamente al centro del proprio agire politico e addirittura ne fa oggetto di campagna elettorale dovrebbe quantomeno divulgarla e non invece fare di tutto per renderla di difficile accesso (sono diversi gli accessi agli atti che come coordinamento ci sono stati respinti nel corso degli anni).

La mancata e aperta condivisione del progetto con la cittadinanza oltre a costituire un vulnus democratico in termini di partecipazione e trasparenza, ha generato conflittualità fra alcune parti della città e soprattutto non ha consentito un più ampio e sereno dibattito anche ad opera di esperti che avrebbe certamente inserito l’analisi di questo progetto in un quadro più ampio e “di sistema” con le altre soluzioni di trasporto pubblico e privato a livello cittadino, intercomunale e finanche regionale. Tutto ciò avrebbe evitato di ridurlo alla domanda per certi aspetti emblematica di questo modo a dir poco semplicistico e superficiale di gestire la questione, “Nodo si o Nodo no”, come quella che è stata rivolta ai cinque candidati e candidate sindaca nel primo faccia a faccia della campagna elettorale che si è svolto presso la Sala dei Notari di Perugia.

E qui ritorniamo all’attenzione “elettorale” che oggi ha il Nodino di Perugia, nella sua variante “da packaging” di Nodo di Perugia. Sì, perché se ai cittadini di Perugia parli di Nodino, a cui oggi corrisponde a tutti gli effetti il progetto definitivo, non li freghi. Ma se parli di primo stralcio e allunghi il progetto come per magia fino all’ospedale Santa Maria della Misericordia o fino a Corciano, allora sì che puoi giocare più carte. Peccato che siano false. O quanto meno non previste o prevedibili. Solo per fare un esempio, le richieste del Consiglio comunale di Perugia a cui la stessa assemblea aveva subordinato il parere positivo sull’opera, ossia che la bretella da Madonna del Piano all’ospedale Santa Maria della Misericordia fosse inserita nel progetto definitivo, o che la galleria sotto al paese e bosco di Collestrada fosse tutta in naturale, sono rimaste lettera morta. Ma non è solo una questione di promesse non mantenute o di modalità procedurali o tecniche, come si cerca di far credere, o la mancanza dei fondi (non ci sono ancora per i 7 km del Nodino, figuriamoci per i 23 km ed i probabili quasi 2 miliardi di euro del Nodo) a rendere non credibile l’intera progettualità che ostinatamente porta avanti l’assessore Melasecche. È piuttosto, come dicevamo all’inizio dell’articolo, il metodo e la forma che nascondono un merito e una sostanza, piuttosto deboli e lacunosi. In questo senso, proverbiali sono le parole del dirigente Anas che in audizione al Consiglio comunale aperto del Comune di Perugia, di fronte ad esterrefatti consiglieri (ma come si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire), ribadiva l’ovvietà: ossia che nessun beneficio in termini di traffico lungo il raccordo poteva avere la realizzazione del Nodino e che qualora fosse realizzata l’opera intera fino a Corciano «bisogna vedere poi se i perugini decideranno di prenderla». Peraltro gli stessi flussi di traffico sembrano confermare a pieno questa legittima, onesta e candida riflessione del responsabile Anas. In merito ai flussi di traffico, segnalo gli articoli di Marco Peverini e Michele Guatini.

Le colpe? Del progetto, senz’altro, che peraltro ha quasi 25 anni e dovrà aspettare almeno altri 12 anni, se mai succederà, per vedere la luce. Ma ancora di più è a causa del personalismo di un assessore che per almeno quattro anni ha “strozzato” il dibattito su quest’opera, accendendo gli animi e spegnendo le idee, se siamo arrivati a questo punto.

E quando sembrava il momento giusto, quello della campagna elettorale comunale, per il confronto di visione fra i candidati, per un dibattito proficuo volto a favorire il contributo di idee, soluzioni, progettualità in tema di mobilità nel comune di Perugia, progetti magari più in linea con i tempi e più funzionali, nel senso della utilità effettiva e del benessere della collettività e dell’ambiente, cosa succede? Ecco spuntare fuori, neanche fossimo già alle Regionali, l’assessore Melasecche con la fatidica domanda “da terra dei cachi”: “Nodo sì o Nodo no”.

Foto da pxhere.com

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