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Cose da sindaci

 

Ora che siamo arrivati alla scadenza per rinnovare in Umbria sette consigli comunali ed eleggere altrettanti sindaci, si può trarre un bilancio delle campagne elettorali che si sono svolte fin qui, al netto di possibili ballottaggi. Si è trattato, come capita quasi regolarmente, e ad ogni latitudine, di campagne elettorali fuori fuoco, al limite dell’inutilità, nel senso che i candidati e le candidate hanno parlato spessissimo di questioni che un primo cittadino e un consiglio comunale non possono affrontare, o perché di scala troppo più grande rispetto a una singola città, o perché non rientrano nelle rispettive competenze: il tema del lavoro è l’esempio lampante. Come può un sindaco «creare lavoro» quando non ci riesce neanche un governo centrale? Eppure, per dirne una, si tratta della prima istanza del programma della destra a Terni, cioè della forza di maggioranza uscente della prima città al voto tra oggi e domani per numero di residenti.

Ci sono invece cose che un sindaco o una sindaca possono fare, piccole e meno forti, dal punto di vista identitario, rispetto a quelle che si sono sentite rimbalzare in queste settimane, ma più efficaci, circostanziate, possibili e qualificanti per un governo cittadino. Eccone alcune.

1) Piantare alberi. Gli alberi sono tra i migliori alleati per l’assorbimento di anidride carbonica, e quindi nel contrasto agli effetti della crisi climatica. Ci sono alberi più o meno adatti a essere messi a  dimora in città: prevedere il ricorso a esperti per la scelta delle specie e dei luoghi in cui piantarli sarebbe un discreto punto di partenza.

2) Realizzare infrastrutture materiali e immateriali per la mobilità sostenibile. Si tratta di un tema in cui la tecnologia e alcune imprese innovative stanno facendo passi da gigante. Ma nelle nostre città si ragiona ancora come se si fosse negli anni ottanta del secolo scorso.

3) Avviare una politica di revisione degli orari di entrata e uscita da scuole e uffici pubblici in maniera da decongestionare le ore di punta e per fare in modo che madri e padri possano usufruire di maggiore respiro nella cura di figli e figlie (asili pubblici con orario prolungato, incentivazione del tempo pieno e molto altro).

4) Prevedere procedure di valorizzazione (se di proprietà pubblica) o di acquisizione (se di proprietà privata) per aree dismesse o occupate da scheletri di edifici mai terminati per renderle fruibili alle persone trasformandole in centri sportivi, parchi pubblici, parcheggi e quant’altro possa servire.

5) Avviare percorsi di coprogrammazione e coprogettazione dei servizi sociali e sanitari mediante i quali raccogliere dalla società e da chi ci lavora indicazioni su come rendere il welfare cittadino all’altezza delle domande sociali emergenti, cosa che spesso gli uffici comunali e le burocrazie, da soli, non riescono a fare.

6) Lavorare affinché il Comune accolga davvero mediante l’apertura di una vera e propria stagione di “stati generali” (della cultura, dell’ambiente, del turismo, delle disabilità, della mobilità, dell’arte, delle questioni di genere, dei giovani e degli anziani) attraverso la quale, da un lato, rimediare allo spappolamento dei corpi intermedi che non svolgono più la loro funzione di cinghia di rappresentanza delle istanze delle persone in carne e ossa nelle istituzioni, e dall’altro attingere a risorse fresche, e al passo coi tempi.

7) Incentivare l’innovazione in ogni campo possibile. A titolo di esempio si possono portare le cooperative per l’autoconsumo di energia rinnovabile e quelle di comunità, all’interno delle quali le persone si incaricano di curare beni comuni di cui sono esse stesse fruitrici. Fare in modo che si moltiplichino esperienze di questo tipo offrendo loro una concreta sponda istituzionale sarebbe al tempo stesso una risposta a sfide inedite e un contributo all’attivazione di uno spirito di cittadinanza che pare sopito in larga parte della popolazione, la quale molto spesso invece, viene incentivata a dare il voto per l’uomo o la donna al comando e tornarsene a casa.

Si potrà obiettare che si tratta di cose piccole, appunto: eppure per svilupparle servirebbero competenze, risorse umane e tempo da dedicare che ne farebbero l’ossatura per un programma elettorale di legislatura di trasformazione e davvero possibile.

Foto da pixabay.com

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