Se oggi Trump, Orban, Meloni, Le Pen, Netanyahu, AFD ce la cantano e se la suonano, non è dovuto al venir meno della formazione politica, dell’educazione scolastica e sentimentale e via dicendo dei modelli novecenteschi, ma è dipeso dal crollo totale dell’idea pratica di una parte di quei modelli, non è l’intera architettura a essere venuta giù, ma è la sinistra o meglio il variegato mondo delle sinistre a esser franato insieme al muro di Berlino, facendo di un elemento portante composito cumulo di macerie indifferenziato. Siamo noi a esserci persi, loro hanno invece visto realizzarsi compiutamente i sogni più reconditi, non è il sistema a essersi sbriciolato, ma il contro-sistema, l’ipotesi di alternativa più o meno radicale da contrapporre allo status quo a essersi dissolto.
Ma non è l’analisi approssimativa dei massimi sistemi il nostro obiettivo, bensì il tentativo di illuminare una possibile via di ri-costruzione passando per le esperienze di governo periferiche (comunali e regionali soprattutto). In particolare dopo l’annuncio della candidatura di Pasquale Tridico alla presidenza della regione Calabria dove sembrano fronteggiarsi, almeno all’apparenza degli annunci, due visioni di mondo contrapposte: da una parte il modello iper-prestante del ponte sullo stretto, un mix di ingegneria futuristica (la campata unica più lunga al mondo) e di demagogia politica più becera; dall’altra il primato della giustizia sociale, della sanità pubblica e della dignità (di reddito e non solo) per tutte e tutti.
Da ricordare come la demonizzazione portata avanti dalla destra e non solo abbia portato il Movimento 5 Stelle a ridurre il suo Reddito di cittadinanza a mera e transitoria prestazione di tutela dalla povertà in attesa di un doveroso e salvifico lavoro. Una sorta di misura tampone che invece di essere allargata nella platea di ricettori, migliorata nella logica di selezione, aumentata nella quantità erogativa, resa universale e inalienabile, ha assunto la forma lenitiva da sacrificare nel gran campo dell’ipocrisia delle politiche attive regolate da iperboliche narrazioni che incrociano la nobiltà meritocratica del lavoro con l’equità regolatrice del mercato. Non a caso appena giunta al governo la destra lo ha preso come bersaglio privilegiato, come demone da esorcizzare, come totem da abbattere.
L’uomo che ha sempre difeso le ragioni del reddito nella sua figura di presidente dell’Inps è stato proprio Tridico, che accettando la candidatura a presidente della regione natia ha ben pensato di rivendicare proprio il reddito di dignità come priorità, aggiungendo che verrà finanziato attraverso fondi europei proprio perché è la tanta vituperata Europa a caldeggiarlo. Sembra che Tridico, osteggiato dal solito Calenda che non perde occasione per rivendicare la sua ambiguità definendola coerenza di programma, abbia voluto dire, ai suoi in primo luogo e a tutti coloro che conservano intatta la propensione all’ascolto, che è arrivato il momento di ripartire dalle fondamenta, di sfruttare le occasioni di governo che si presentano per edificare un sistema capace di ridare prospettiva fattuale a una visione altra del mondo in grado di tutelare le fragilità, oggi sempre più colpevolizzate e lasciate a se stesse, se non messe alla gogna.
Ripartire dall’abecedario rozzo della quantità data dal potere di acquisto, rimettere in moto l’idea che proteggendo l’ultimo si protegge l’intera società e che per proteggere l’intera società e quindi l’ultimo anche il penultimo deve esser disponibile a cedere qualcosa, secondo un criterio di progressività che sembra ormai destinato al dimenticatoio, all’oblio dettato dalla vergogna. Questo sembrano volerci indicare le parole, a metà tra l’annuncio e l’intervista giornalistica, di Tridico.
Le insperate vittorie, dovute al merito e non al caso, del Comune di Perugia prima e della Regione Umbria poi, avevano dato una possibilità alla sinistra istituzionale (Movimento 5 stelle e Avs), di poter reclamare le deleghe relative al nuovo welfare (socio-sanitario) e ai finanziamenti europei (indispensabili per poter agire a livello locale) come proprie. Una possibilità che garantiva allo stesso tempo il fondarsi di una sinistra nuova sulle tematiche portanti della sinistra (il welfare) e la possibilità di incidere concretamente sulla realtà delle cose. Sono state scelte vie diverse, con Avs che ha avuto parte delle deleghe al welfare senza possibilità di finanziarle e i 5 stelle che hanno avuto l’assessorato all’Ambiente. Si è preferito stare dietro al percorso passato piuttosto che al ragionamento politico futuro, sono state privilegiate strade conosciute dall’indirizzo obbligato (ambiente), piuttosto che cavalcare gli spazi aperti da aggredire e modellare (nuovo welfare e contributi europei). Si è scelto, con scarsa visione in particolare da parte del Movimento 5 stelle, di percorrere la strada della battaglia ambientale, che da un assessorato non si può combattere perché in tale ruolo ci si deve adattare alla mediazione al ribasso tra molteplici “poteri forti” (vedere l’accordo di programma Ast a tal proposito spogliandolo dei roboanti annunci di facciata), invece di scandagliare e battere la via delle deleghe sociali e dei fondi comunitari con potenza di indirizzo e autonomia gestionale. Non che l’ambiente non sia importante, non che l’emergenza climatica non richieda attenzione, il problema è un altro e riguarda la capacità strategica di riuscire a dare concretezza a una visione partigiana senza lasciarla nel campo sospeso dell’etereo. L’assessorato all’ambiente, se proprio vogliamo dirla fuori dai denti, poteva essere controllato a distanza, grazie anche agli accordi elettorali sottoscritti. La giustizia sociale, per utilizzare le parole di Tridico, no, doveva essere assunta come responsabilità primaria. L’ambiente è di tutti e può essere difeso da tutti, il disagio sociale è invece questione di parte, la difesa del “povero” deve essere affare della sinistra perché la destra protegge la ricchezza che da che capitalismo è capitalismo è garantita dalla povertà.
Ragionamenti terra terra di difficile applicazione, sia chiaro. Rivendicare prassi per la giustizia sociale a livello periferico presuppone grossa conoscenza tecnica (reperimento fondi europei e mappatura capillare del disagio che è molteplice e articolato) e strutturato ragionamento politico. Non si può continuare a eludere tale appuntamento con la storia (di parte), non si può continuare a lamentarsi della destra senza combattere la destra con un’idea forte di sinistra. Tutto maledettamente semplice a parole, tutto indiscutibilmente arduo alla prova dei fatti, ma si sa la buona volontà è un imprescindibile punto di partenza che mai sarà sufficiente. Dalla Calabria alla Toscana, passando per la Puglia le Marche e la Campania, continuare a perdere occasioni per poter fare qualcosa di sinistra sarebbe intollerabile e Tridico, che ha di fronte a sé un’impresa ai confini dell’impossibile, da solo nulla può fare e niente può cambiare. La cometa alta in cielo ci dice che non solo è possibile avere un reddito regionale, ma è necessario. Cara Regione Umbria, l’Europa chiama, non resta che rispondere.