Elly Schlein al Bologna Prode del 2015
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L’effetto Schlein e l’Umbria

 

L’evento alla fine sembra esserci stato. L’attesa di un cambio di passo all’interno del Pd e per riflesso della sinistra più in generale sembra esserci stato. Contro ogni previsione e calcolo politico, “il popolo” ha ribaltato le previsioni dell’elezione del segretario del Partito demo- cratico. L’effetto popolo — ormai imprevedibile — anche in questo caso è riuscito a sorprendere gli apparati, le burocrazie e persino la stampa, eleggendo con grande sorpresa l’outsider Schlein.

Il pacco Bonaccini, confezionato dal partito, non ha retto il vaglio popolare della sinistra, che quando può esprimersi non fa che smentire gli apparati e le classi dirigenti che il Pd apparecchia e propone attraverso l’invocazione della responsabilità e del voto utile. In ogni caso, il Pd, forte di uno zoccolo duro fidelizzato intorno al 12 per cento, rimane per storia, ruolo e tradizione il punto di riferimento della sinistra da cui è difficile prescindere, una specie di collo di bottiglia attraverso cui dovranno passare nomine, liste, incarichi. Un sistema di potere e di consenso stratificato su tutto il territorio che, per mancanza d’innovazione e di ricambio, si limita a gestire l’esistente, calibrando scelte, alleanze e programmi sulle esigenze dei capi, un sistema fattosi interprete di una blanda opposizione.

Guerra, agenda Draghi, politically correct sono state le ultime scelte perseguite da un partito che si è soprattutto distinto per le lotte intestine, per le testimonianze di fedeltà al neoliberismo e alla Nato, e per la svolta governista che ha solo ampliato i problemi sul fronte dei salari, delle pensioni, del welfare, dell’occupazione, della precarietà. Non è un caso se molti elettori di sinistra, stanchi e disillusi da questa politica, hanno preferito rifugiarsi nel voto di protesta del Movimento 5 stelle, nell’astensionismo e persino nel voto a destra, e se si è provocato l’allontanamento dei giovani dalla politica.

Queste, più o meno sono le motivazioni che conducono all’elezione di Elly Schlein. Ora si tratta di capire se la segretaria avrà la forza di determinare una discontinuità, se gli apparati che avevano scelto Bonaccini glielo consentiranno, se le diverse anime del partito tollereranno un eventuale cambiamento. Se provassimo a trasferire l’evento alla realtà umbra, capiremmo immediatamente quanto sia grande la confusione sotto il cielo e quante siano le insidie, gli ostacoli, le resistenze che può incontrare il nuovo corso nella regione. La sinistra locale e il Pd si sono caratterizzati per conformismo e conservazione, si sono concentrati sulle rendite e sui privilegi, regalando alla destra la Regione senza nemmeno provare a contenderla. Ouesti gruppi dirigenti non hanno cercato altro che legittimare se stessi, riprodursi e recuperare qualche spazio, contando più sugli errori e l’incapacità della destra che su una reale opposizione.

Ouesti “boomer” indomabili sono parte essenziale del problema, non sono certo la soluzione e saranno ancora una volta pronti a boicottare ogni possibile cambiamento in nome della “responsabilità” e del pragmatismo, di quella prudenza ostile a ogni vera innovazione che ha prodotto solo stagnazione, declino e refrattarietà a ogni novità. La politica da “superattico”, elitaria e responsabile del disastro umbro, insieme alla dirigenza del Pd e a un certo civismo, non andrà oltre la riproposizione di ammucchiate, spartitorie e fameliche, di campi più o meno larghi, funzionali solo alla riconquista di spazi di potere. Il fenomeno Schlein in Umbria non avrà vita facile. La mancanza di un vero dibattito e di un’autocritica sul passato, sulle cause e le responsabilità che hanno determinato questa situazione, dalla sconfitta nei capoluoghi a quella della Regione, rimangono il punto da cui ripartire per avere una qualche credibilità.

In Umbria la sinistra è vittima di un suicidio assistito e gestito dagli stessi dirigenti, responsabili e suggeritori, e mal sopporterà vere innovazioni e protagonismo giovanile; per questo i vertici si guarderanno bene dallo sposare veramente il cambiamento che tenta di rappresentare la giovane segretaria, che nel migliore dei casi sarà utilizzato nelle guerre personali o tra bande.

Scissione o normalizzazione, allo stato dei fatti, sembrano i rischi più seri per Schlein, e non perché la segretaria sia un’estremista, ma perché la sua voglia contagiosa di cambiamento potrebbe destabilizzare l”‘ordine costituito” e i ruoli di potere dei vecchi saggi. Un’innovazione, quale che sia, sarebbe percepita come devastante per un’area politica incapace di attrarre giovani e capace solo di saper i riprodurre il vecchio all’infinito, a esaurimento, fino all’ultima nomina, candidatura, incarico o privilegio, con buona pace del popolo dei giovani e della Schlein.

Nella foto, Elly Schlein al Bologna Pride del 2015 (da wikimedia commons)
*Articolo pubblicato nel mensile L’altrapagina

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