Terni, piazza dei bambini e delle bambine
Commenti

Bandecchi simbolo di una crisi

 

Ci si può dividere sul fatto che ne rappresenti la soluzione o un ulteriore aggravamento, ma è difficile confutare che la candidatura a sindaco del presidente della Ternana sia il sintomo di una crisi profonda della città. Una città governata da una coalizione di cui a quattro anni dall’insediamento non si ricorda un atto qualificante, forte, simbolico; che si è caratterizzata per barcamenarsi tra l’ordinaria amministrazione, ripetuti cambi di casacca e rimpasti di esecutivo, e cullandosi sull’alibi che quelli di prima non hanno fatto niente di meglio. Non esattamente quello che richiedeva la situazione, né quello nel 2018 auspicava una città stretta tra l’esasperazione e la voglia di cambiamento.

Alla prova di governo la destra, tanto in città quanto in regione, evapora, mostrandosi inadeguata a gestire una sfida che imporrebbe autentici cambi di paradigma. Lo dice la stessa decisione di candidarsi di Stefano Bandecchi, uomo che guarda a destra e che non ha escluso che l’attuale sindaco leghista possa in futuro diventare il suo vice, non sappiamo quanto conscio che ciò suona come una delle più sonore bocciature per un primo cittadino in carica con la speranza di fare un secondo mandato.

L’inadeguatezza della destra al governo sta in prima battuta nel non riconoscere la profondità della crisi e nel riproporre, quando va bene, ricette liberiste in voga negli anni ottanta del novecento; quando va peggio, nel fermarsi agli slogan. Terni è una città in crisi di identità da almeno quarant’anni, in cui l’indebolimento del ruolo dell’industria e il penoso stato dell’ambiente chiederebbero uno sforzo di elaborazione pubblica e di innovazione totali, un richiamo di intelligenze al capezzale di un territorio da riqualificare. Invece le intelligenze sono di fatto incentivate a fuggire mentre ci si continua a baloccare tra inaugurazioni di centri commerciali e aperture ai privati che scontano una debolezza ancestrale; vale per la città e vale per la regione.

In questo deserto di elaborazione e di critica, pure uno schiocco di dita rischia di fare l’effetto di un’orchestra che suona. E così può succedere che un pezzo di città senta come propria la battaglia di un imprenditore per l’apertura della sua clinica privata. Ed è in questo deserto che Bandecchi si inserisce. Al di là di come andrà la sua avventura politica, il fatto che un imprenditore decida di saltare il fosso pensando di poter prendere in mano direttamente la situazione è di per sé un elemento di crisi e di sfiducia in istituzioni svuotate.

Non siamo in presenza di una candidatura maturata all’interno di un percorso pubblico, ma di una iniziativa del tutto privata, della chiamata alle armi fatta da un aspirante capo; cioè l’esatto contrario dell’elaborazione comune di cui necessiterebbe Terni per uscire dalla palude. Non siamo neanche alla autocandidatura di un pezzo di società civile all’autogoverno, bensì a quella di un singolo con un notevole potere economico che per di più farà tesoro di un elemento di consenso extra politico che gli deriva dall’essere presidente della squadra di calcio della città.

In questo senso Bandecchi approfondisce il solco di quella privatizzazione esistenziale che dopo aver colonizzato la sfera economica si è fatta sociale ed è l’approdo di un individualismo esasperato che, lungi dall’essere la soluzione, è alla base dei tempi disgraziatissimi che ci tocca vivere.

Terni, piazza dei bambini e delle bambine (foto dal profilo Flickr di RUMENTA_sdn)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *