uomo in contraddizione
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I corto circuiti della guerra

 

Domenica 27 febbraio, intervenendo nella trasmissione di Rai 3 “Mezz’ora in più” sulla questione dell’aggressione della Russia all’Ucraina, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha rilasciato dichiarazioni impegnative. Più o meno nelle stesse ore, il segretario regionale umbro del suo partito, Virginio Caparvi, ha fatto altrettanto. Se ci si concentra sui particolari, si vedono solo alcune cose; se ci si sofferma su una cornice più ampia, si possono scorgere invece congruenze, incoerenze e vere e proprie aporie. Per capirsi meglio: un martello accanto a un chiodo fa pensare a una cosa, lo stesso utensile insanguinato rimanda a tutt’altra scena. Procediamo per punti.

1) A “Mezz’ora in più”, Salvini ha detto testualmente che «alle bombe non si risponde con le bombe». Si tratta di un’affermazione che potrebbe sottoscritta dal più strenuo pacifista. Solo che lo strenuo pacifista si batte anche per lo stop alla produzione di armi e più in generale per il disarmo, mentre non risulta che la Lega sia mai stata protagonista di battaglie del genere. Si dirà che un paese deve pur essere armato come forma di deterrenza nei confronti di potenziali aggressori. A quel punto però, coerenza vorrebbe che quel paese le armi le auto-producesse e basta, come forma di difesa e di deterrenza, appunto. L’Italia invece nel 2020, oltre a produrre per sé, ha esportato armi per 3,9 miliardi, oltre la metà delle quali verso paesi che non sono alleati, cioè non fanno parte né dell’Ue né della Nato, come informa la relazione al Parlamento fatta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Ma non risulta che né dal Governo né dall’opposizione la Lega abbia mai proposto di bloccare l’export di armi da parte delle aziende italiane.

2) La Lega è stata invece protagonista della proposta, poi diventata legge, sulla legittima difesa, che come scrisse all’indomani dell’approvazione Il Giornale – cioè un quotidiano non propriamente ostile a Salvini – «allarga le maglie per poter usare un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per la difesa della propria o altrui incolumità o dei beni propri o altrui». Quindi: «Alle bombe non si risponde con le bombe», ma a un ladro si può rispondere col fucile.

3) Riferendosi alle persone in fuga dall’Ucraina sotto attacco, Salvini ha detto a “Mezz’ora in più”: «Noi stiamo parlando di spalancare le porte dell’Italia ai profughi veri, che scappano da una guerra vera, non ai profughi finti. Io sto lavorando personalmente per portarne in Italia il più possibile. Ho sempre combattuto perché chi scappa dalla guerra avesse nell’Italia la sua seconda patria. Ho sempre altrettanto combattuto contro il traffico di esseri umani, contro le mafie che riempiono barchini e barconi facendosi pagare migliaia di dollari con cui poi comprano droga e armi. Decine di migliaia di arrivi clandestini dal nord Africa che subiamo senza muovere un dito non riguardano profughi veri e guerre vere». Caparvi, da parte sua, ha echeggiato il suo leader dicendo a Umbria 24: «Noi abbiamo sempre sostenuto il fatto che eravamo pronti ad accogliere chi scappa dalla guerra, indistintamente da dove provenga. Il problema è che non si è mai vista una guerra da cui scappano solo uomini di vent’anni e non arrivano quasi mai donne e bambini, mentre in Ucraina sta accadendo questo, perché lì la guerra c’è veramente e in altre situazione africane trattasi di migranti economici».

Nessuna persona di buon senso, di certo non noi, si sentirebbe di dissentire sulla necessità di accogliere chi è in difficoltà. È il riferimento di Salvini e Caparvi a chi fugge veramente dalle guerre e chi no che lascia perplessi, col riferimento alle persone africane, esplicito in Caparvi, sottinteso in Salvini. L’Acled, un osservatorio cui conflitti armati in tutto il mondo, ha una dashboard di facilissima consultazione che consente di verificare che, ad esempio, dal 18 febbraio 2021 al 18 febbraio 2022 in Africa ci sono stati 5.428 eventi che hanno coinvolto forze dei vari stati e che hanno dato portato a 17.184 persone morte. Mali, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Repubblica centrafricana, Camerun e Sud Sudan, dove si stanno combattendo guerre sanguinose, i teatri più coinvolti. Perché non è che se giornali e tg non ne parlano, le guerre cessano di essere combattute e di mietere morte. Cioè di essere vere.

4) Per unire ancora meglio i puntini e mettere a fuoco il tutto in una cornice più ampia, nel 2020 le aziende italiane hanno esportato armi in Mali per 975 mila euro; in Nigeria per soli 54 mila, mentre l’anno prima ne erano state esportate per un valore di 19 milioni; in Ciad (27 eventi di guerra con esercito protagonista e 541 persone morte) il valore delle esportazioni di armi ha superato i 5 milioni.

In copertina, illustrazione tratta da pixabay.com

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