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Articolo Uno: «In Umbria c’è un processo di privatizzazione della sanità in atto, occorre combatterlo»

 

Il partito ha elaborato il documento che pubblichiamo invitando le forze del “campo progressista” a farsi carico di una proposta unitaria che inverta la tendenza e riproponga la centralità del pubblico per garantire il pieno riconoscimento di un diritto costituzionalmente riconosciuto

Articolo Uno sostiene il primato del Sistema sanitario pubblico e universale.

La pandemia ha mostrato quanto sia indispensabile avere una sanità pubblica forte e qualificata.

Il precedente Governo Conte e il ministero della Salute guidato da Roberto Speranza, già prima della pandemia, avevano finalmente invertito le scelte sulla sanità pubblica, aumentando gli stanziamenti per il Fondo sanitario nazionale. Dopo decenni di tagli o di mancati incrementi, effettuati considerando la sanità come una pura spesa pubblica da ridurre, un costo da contenere, finalmente si è iniziato a considerare la sanità come un investimento, a garanzia di un bene pubblico, la salute, che la Costituzione riconosce e tutela come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» e che non può essere lasciato alle logiche del mercato.

Questa impostazione strategica è stata confermata nel decreto “Rilancio” approvato dal precedente Governo Conte e nella Missione Salute del PNRR approvato dall’attuale Governo Draghi che contiene un insieme di finanziamenti ed interventi per il rafforzamento del sistema sanitario pubblico, in particolare puntando sul potenziamento e la qualificazione della sanità territoriale e di prossimità.

In Umbria invece, la presidente della Regione e l’assessore alla Sanità (importato dal Veneto), obbedendo alle direttive della Lega nazionale, stanno perseguendo una politica tutta volta a depotenziare il servizio sanitario regionale pubblico e smontarne i capisaldi che nei decenni passati erano stati costruiti in Umbria.

Nel suo programma elettorale, la presidente Tesei affermava di voler «aumentare il coinvolgimento dei privati nella sanità in Umbria, attualmente pari a meno di 1/3 di quello della Lombardia»; il modello assunto a riferimento è quindi quello di Formigoni-Maroni-Fontana, che abbiamo sempre criticato e ancor di più alla luce delle pessime prove date dalla Lombardia durante la pandemia.

Nelle fasi più acute della pandemia la Giunta ha “requisito” pressoché tutte le risorse pubbliche (strutture e personale) per destinarle ai malati Covid, commettendo anche errori nella riorganizzazione della rete ospedaliera (interi ospedali dedicati al Covid con la chiusura di tutti gli altri servizi, altri in configurazione mista ma con molte carenze segnalate nella separazione tra aree Covid e non-Covid).

Ciò ha comportato pressoché l’azzeramento della erogazione di servizi e prestazioni da parte delle strutture pubbliche con il conseguente dirottamento, per coloro che hanno i mezzi economici, verso le strutture private, mentre agli altri non è restato che accodarsi in liste di attesa lunghissime o, peggio, rinunciare alle cure, correndo anche gravi rischi per le proprie patologie. Adesso che l’emergenza pandemica sta regredendo, la Giunta e la maggioranza leghista promuovono azioni di diretto sostegno al privato e di incentivo al suo ingresso nel sistema sanitario regionale.

Tra i tanti casi è emblematico quanto sta avvenendo nella città di Terni con le due iniziative: quella del proprietario della Ternana Calcio, il quale offre la costruzione di un nuovo stadio, ma in cambio vuole l’autorizzazione alla realizzazione di una clinica privata da 200 posti letto e la assicurazione che almeno la metà sia convenzionata con il sistema sanitario regionale; quella di un raggruppamento temporaneo di imprese che, con un modello di project financing, si candida a realizzare il nuovo ospedale che poi “affitterebbe” alla Azienda ospedaliera in cambio della concessione per 30 anni di tutti i servizi non sanitari (per ora) relativi alla gestione dell’ospedale; il secondo ospedale dell’Umbria non sarebbe più un ospedale pubblico a tutti gli effetti come tutti gli altri.

Sembra quasi che questa Giunta voglia fare di Terni una sorta di «laboratorio» dove cominciare ad attuare il suo disegno di privatizzazione. Tutta le azioni di questa Giunta a favore del privato hanno un filo rosso che le lega (il doppio senso è voluto), ovvero la sistematica penalizzazione del personale del servizio sanitario regionale. Un dato per tutti: l’Umbria ha attualmente una quantità di personale sanitario inferiore a quella presente prima della pandemia. Nonostante l’emergenza pandemica, la Giunta regionale ha deliberatamente attivato solo assunzioni precarie a tempo determinato. Le assunzioni a tempo indeterminato, quelle che avrebbero rafforzato stabilmente il sistema sanitario pubblico, sono state solo poche decine. Ben altro hanno fatto Lazio e Toscana, che hanno assunto a tempo indeterminato migliaia di persone. Oltre il danno poi anche la beffa: medici, infermieri, tecnici, formatisi in Umbria, non trovando qui un’offerta di lavoro stabile se ne sono andati nelle altre regioni, vincendo i concorsi da queste banditi.

La Giunta ha disatteso quanto previsto nel decreto “Rilancio” che aveva allocato significative risorse per le assunzioni di personale (ad esempio gli infermieri di famiglia/comunità) e non è da escludere che intenda fare altrettanto con i finanziamenti che il PNRR Missione Salute destina all’assunzione di personale aggiuntivo in particolare per i servizi della sanità territoriale e dell’assistenza domiciliare.

Un modo molto efficace per favorire il privato consiste nel non far funzionare bene il pubblico e nel ridurre l’offerta pubblica di servizi: ridurre e tagliare il personale del SSR è funzionale a spingere verso la sanità privata. Un circuito vizioso per il pubblico, ma virtuoso per il privato.

Per quanto detto, la situazione umbra merita di essere posta all’attenzione anche a livello nazionale e del ministero della Salute; infatti non si può accettare che la Giunta regionale dell’Umbria si senta libera di operare in direzione opposta alle politiche indicate dal ministero in relazione sia alla crisi Covid, sia alla Missione Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

A proposito della Missione Salute del PNRR, che richiede una specifica separata valutazione, qui si vuole solo evidenziare che quanto elaborato dalla Giunta Regionale, pomposamente autodefinito “PNRR-Umbria 2021-2026”, è totalmente scoordinato rispetto alle componenti e agli investimenti del Piano nazionale e su aspetti rilevanti (ad esempio il ruolo centrale dei distretti socio-sanitari) va addirittura in direzione contraria. In sintesi, il cosiddetto Piano regionale semplicemente è un’illusione ed è tutto da rifare.

Come Articolo Uno Umbria riteniamo necessario e urgente avere un confronto con tutti i soggetti politici, sindacali, della società civile e del mondo della sanità che concorrono al cosiddetto «campo progressista» e sollecitiamo l’apertura di un tavolo sul tema della sanità nel quale, tenendo conto di tutto quanto emerso e appreso durante la pandemia, si affrontino questioni cruciali e tra loro interdipendenti quali:

  1. La riorganizzazione del sistema sanitario regionale con un nuovo assetto che ripristini migliorandole le prestazioni “ordinarie” paralizzate durante l’emergenza Covid (le altre patologie non sono certo scomparse e ad esse si aggiungeranno quelle psico-fisiche di chi ha avuto il Covid).
  2. La costruzione di un proposta seria e qualificata con cui l’Umbria si candidi a partecipare alla Missione Salute del PNRR in piena coerenza con quest’ultima in modo da acquisire i relativi finanziamenti e non perdere questa occasione unica per intervenire strutturalmente sul SSR.
  3. La definizione degli assi portanti per un nuovo e alternativo Piano sanitario regionale che, in coerenza con la Missione Salute del PNRR, ridisegni la sanità dell’Umbria per i prossimi anni in piena sintonia con le strategie e le politiche nazionali.

Su tutti questi temi occorre pervenire ad una proposta del “campo progressista”, concreta unitaria, alternativa a quella dell’attuale Giunta, nel segno della sanità territoriale e di prossimità, dell’incremento e della qualificazione del personale sanitario, del principio della cura e della presa in carico delle persone.

Dalla crisi Covid, si può uscire in modi diversi, verso destra o verso sinistra, con la restaurazione di modelli sociali ed economici neocapitalistici o neoliberisti oppure operando una profonda ristrutturazione, una vera a propria “rivoluzione”, fondata anche sul rafforzamento dei servizi pubblici universali come la sanità, sempre più qualificati e accessibili a tutti e ovunque, abbattendo le attuali diseguaglianze.

Solo così si potrà contrastare e sconfiggere il disegno leghista della privatizzazione della sanità in Umbria; ma occorre agire da subito perché i cittadini dell’Umbria, quando saranno chiamati a votare, non dimentichino come ha agito questa Giunta e abbiano una proposta nuova e alternativa alla quale dare il proprio consenso.

La segreteria regionale di Articolo Uno Umbria

Immagine di Mahmud Shoeb da pixabay.com

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