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Romagnoli: «Le cliniche private dell’Umbria? Ecco i benefici reali»

 

Quali risultati producono le strutture sanitarie private in Umbria? E i residenti nel territorio della Usl 2, che ne ha meno rispetto alla Usl 1, risultano penalizzati? E come funziona l’ospedale pubblico di Terni? C’è uno studio che monitora gli esiti dei ricoveri. Il funzionamento e i dati ce li siamo fatti spiegare da Carlo Romagnoli, per anni direttore dell’Osservatorio epidemiologico dell’Umbria

La presentazione del progetto per la realizzazione di una clinica privata da parte del presidente della Ternana, Stefano Bandecchi, ha aperto un dibattito a livello cittadino e regionale. Della questione Cronache Umbre si è già occupata. Riassumendo brevemente: Bandecchi, sulle ali della straordinaria stagione della Ternana, ha manifestato l’intenzione di realizzare il nuovo stadio che, con le strutture che vi sarebbero annesse, consentirebbe entrate che verrebbero investite sulla squadra di calcio, la quale si gioverebbe quindi della nuova struttura. Connessa al nuovo stadio, vi sarebbe la costruzione di una clinica privata che Bandecchi vuole convenzionata con il sistema sanitario regionale. Tradotto, significa che la Regione dovrebbe garantire alla clinica un flusso di entrate di diverse centinaia di migliaia di euro l’anno. La connessione “nuovo stadio – clinica” è stata stabilita dallo stesso presidente, che di fatto ha così collegato (e sottoposto) le eventuali fortune della Ternana alla condizione che gli si permetta di costruire la clinica e di ricevere i finanziamenti.

Come si può capire, la commistione tra un elemento di programmazione sanitaria e un altro in cui entrano in ballo le questioni identitarie solleticate da una squadra di calcio, non aiuta ad affrontare l’argomento con la razionalità che sarebbe necessaria. I favorevoli al progetto di Bandecchi argomentano la loro posizione sostenendo la sperequazione che ci sarebbe in Umbria tra il territorio della Usl 1 (Perugia, Media e Alta Valle del Tevere, Alto Chiascio e Trasimeno) e quello della Usl 2 (Terni, Spoleto, Foligno e Valnerina). Nell’Umbria del nord vi sono quattro cliniche convenzionate, mentre a sud se ne conta solo una, per cui un riequilibrio sarebbe doveroso, si sostiene. Il sottinteso di questo ragionare è che la gestione privata della sanità porterebbe benefici alla popolazione.

Quella appena riportata è però una opinione che non poggia sulla realtà, o almeno i suoi propugnatori non la corredano di dati e misurazioni che possano aiutare a orientarsi sui costi/benefici di una operazione come quella prospettata da Bandecchi. In definitiva, occorre rispondere alle seguenti domande sulla base di dati: è lecito aspettarsi benefici sulla popolazione dalla realizzazione di una clinica privata? Gli umbri che vivono nel territorio coperto dalla Usl 1 sono davvero privilegiati grazie alla presenza di quattro case di cura private convenzionate col pubblico? Sono domande cruciali, dal momento che coinvolgono la salute dei cittadini e un discreto dispendio di risorse pubbliche. Per questo ci è parso opportuno rivolgerci a Carlo Romagnoli, medico che si è occupato a lungo di valutazione dei servizi sanitari in qualità di direttore dell’Osservatorio epidemiologico dell’Umbria, ruolo che ha ricoperto dal 2000 al 2007.

Romagnoli, è possibile misurare l’impatto sulla popolazione delle strutture sanitarie pubbliche e private?

«Sì, ci si può avvalere del Programma nazionale esiti (Pne), che è in grado di fornire valutazioni sulle attività, i risultati e i tempi di attesa di tutte le strutture ospedaliere attive in Italia. I dati vengono anche aggregati sulla base dei residenti nelle diverse Unità sanitarie locali».

Di cosa si tratta? E soprattutto, il Pne è attendibile?

«Il Pne è sviluppato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) per conto del ministero della Salute e fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario. Gli indicatori utilizzati sono documentati da protocolli scientifici basati sulla letteratura disponibile, con una chiara definizione dell’esito misurabile di salute in studio».

Nello specifico, che cosa misura il Pne?

«Misura i risultati dei ricoveri ospedalieri di una data struttura, sia pubblica che privata, o su una fascia di popolazione, come appunto avviene con l’aggregazione dei dati per singola Usl. Quanti ricoveri per patologia, quante complicanze in seguito ai ricoveri, quanti nuovi interventi si sono resi necessari successivamente a quello eseguito, quante complicanze sono sopravvenute in un determinato periodo di tempo dopo una operazione. Tutto questo viene messo in relazione con la media nazionale e con quanto è avvenuto negli anni precedenti nella stessa struttura, cosicché è possibile avere una misurazione dell’efficiacia degli interventi e agire sulle eventuali criticità che vengono registrate».

Venendo a noi. I ternani possono fidarsi della sanità pubblica? E nelle aree della regione in cui sono presenti più cliniche private, i cittadini sono curati meglio?

«I residenti in Umbria assistiti dalla Usl 2, quella che serve la città di Terni, sono circa 381 mila. Il Pne ci consente in prima battuta di verificare la quantità di ricoveri prodotta in questo territorio per 75 cause di ricovero; poi ci fornisce un confronto degli esiti a cui hanno dato luogo quei ricoveri rispetto al resto d’Italia e rispetto all’anno precedente nella stessa Usl. Infine, sono resi disponibili i tempi di attesa che sono stati necessari per accedere alla prestazione (qui ad esempio, ci sono quelli relativi alla mediana dei giorni di attesa per ricovero in seguito a frattura di tibia e perone e per operarsi alla colecisti)».

Lei quei dati li ha studiati. Che cosa emerge?

«Secondo i dati relativi al 2019 la popolazione residente nel territorio della Usl 2 ha potuto usufruire di risultati non peggiori rispetto alla media italiana. Se si fa un confronto con l’anno precedente, vi sarebbero stati miglioramenti nella assistenza a scompenso cardiaco (meno riammissioni a 30 giorni), nelle operazioni alla colecisti (meno reiterventi) e in quelle per le protesi d’anca (meno revisioni entro due anni dall’intervento), mentre peggioramenti vi sarebbero stati per le embolie polmonari (maggiore mortalità a 30 giorni), per alcune tecniche di ricostruzione della mammella dopo intervento demolitivo, e per la percentuale di infartuati trattati trattati in emodinamica entro due giorni. Il condizionale è d’obbligo in quanto questi esiti vanno confermati attraverso approfondite analisi delle specifiche casistiche che servono soprattutto per individuare cosa migliorare».

E per quanto riguarda più specificamente l’ospedale di Terni?

«I dati sui volumi di attività del “Santa Maria” sono relativi a 71 delle 75 cause di ricovero, e un primo dato che emerge è che la struttura è stata in grado di prendere in carico il 94,6 per cento della casistica prodotta dalla popolazione ricadente sotto il territorio di copertura. Se guardiamo i dati aggregati riguardanti le diverse aree cliniche resi disponibili dalla Treemap, notiamo che siamo in presenza di esiti classificati “buoni” o “nella media” e che non non si evidenziano aree con livelli di qualità “bassi” o “molto bassi”. Se andiamo a vedere gli esiti prodotto per specifico tipo di intervento ospedaliero, si registrano risultati migliori della media per i parti naturali, per alcune tecniche di ricostruzione della mammella dopo intervento demolitivo e per l’infarto del miocardio; mentre ci sono criticità nella gestione delle fratture del collo del femore entro due giorni».

E le cliniche private che operano in Umbria, che risultati danno?

«Un’analoga analisi dei dati il Pne la fa anche per le strutture private, che in Umbria sono cinque: le quattro ricadenti nel territorio della Usl 1 (Porta Sole, Liotti, Lami e Villa Fiorita, tutte a Perugia) e quella nella Usl 2 (Villa Aurora, a Foligno). In due casi, Porta Sole e Liotti, si registra un’adesione di qualità bassa agli standard. Va notato anche che per quanto riguarda Porta Sole i volumi di attività sono relativi a 31 cause di ricovero rispetto alle 75 valutate per la popolazione residente nella Usl 1, e di queste solo tre hanno fatto registrare una numerosità sufficiente a far scattare la rilevazione. Per la clinica Liotti invece, i volumi riguardano 25 cause e solo per sei di esse è stato possibile procedere a misurazione. Nei restanti tre casi, sia per la Lami, che per Villa Fiorita che per Villa Aurora non è possibile visualizzare le rispettive treemap a causa della scarsità del numero di interventi. Nel caso della Lami e di Villa Fiorita peraltro, il rischio di dover essere sottoposti a nuovo intervento nei casi di artroscopia al ginocchio è rispettivamente doppio e quintuplo».

Che quadro generale se ne ricava?

«Con i dati esposti ognuno può farsi una sua idea. Io ritengo che l’assistenza ospedaliera garantita dalla Usl 2 sia complessivamente di buona qualità se confrontata alla media italiana, e un giudizio del tutto analogo si può trarre per quanto riguarda l’ospedale di Terni. Le case di cura private e convenzionate di Perugia e Foligno non producono risultati di qualità e non garantiscono neanche l’emergenza-urgenza, la terapia intensiva e la rianimazione. Questi dati ci dicono che i guadagni in salute derivanti dalla realizzazione di nuove cliniche private a Terni e altrove potrebbero essere inferiori alle aspettative».

Foto da pixabay.com

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