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Tra Narni e Spoleto vizi e virtù degli ecosistemi urbani con più di 15 mila abitanti

 

Legambiente ha dato i voti alle città dell’Umbria con più di 15mila abitanti. Le politiche di sviluppo sostenibile danno buoni frutti nel comune più a sud tra quelli presi in esame. Altrove la delega all’ambiente è considerata minore. E si vede

Se dalla home page del sito internet del comune di Narni si accede alla sezione “canali tematici”, i primi due link nei quali ci si imbatte sono i seguenti: “Narni plastic free” e “Ambiente ed energia”. Il quarto è “Beni comuni”, un tema che ha molto a che fare con le politiche di sviluppo sostenibile. Nello stesso municipio, l’assessore all’Ambiente, Alfonso Morelli, aveva lanciato anni fa una app in base alla quale i cittadini venivano pagati per ogni chilometro percorso a piedi, in bicicletta o sui mezzi di trasporto pubblico. Per questo non stupisce che il comune dell’Umbria meridionale sia risultato primo nella classifica che la sezione regionale di Legambiente ha stilato in “Ecosistema urbano Umbria”, il primo rapporto sulle performance ambientali delle principali città umbre. Si tratta del lavoro che Legambiente fa da ventisette anni a livello nazionale sui capoluoghi di provincia di tutta Italia, declinato però stavolta sui quindici comuni più popolosi della regione (Perugia, Terni, Assisi, Bastia Umbra, Castiglione del Lago, Città di Castello, Corciano, Foligno, Gubbio, Marsciano, Narni, Orvieto, Spoleto, Todi e Umbertide). C’è vita, insomma, al di fuori dei capoluoghi. Nelle quindici città prese in esame ad esempio, vive il 70 per cento delle popolazione residente in Umbria, per questo l’operazione di Legambiente ha un senso profondo. E poi, come dice il presidente della sezione regionale dell’associazione ambientalista, Maurizio Zara, «la dimensione locale assume sempre più un’importanza decisiva, anche a livello globale, nella ridefinizione delle politiche economiche e sociali, di governo del territorio e della partecipazione democratica», e la dimensione locale non coincide con quella dei capoluoghi, ma va molto oltre.

Non solo. Per utilizzare le parole dello stesso Zara, il dossier è, da un lato, «un’occasione per avere una fotografia delle condizioni ambientali e sociali di questi comuni», e dall’altro «costituisce una base orientativa di riferimento per misurare l’attività degli amministratori dei territori coinvolti». Già, perché l’ambiente non si improvvisa. L’ambiente è sistema. Non è un caso che il rapporto di Legambiente poggia sull’analisi di sei voci: aria, acqua, rifiuti, mobilità, suolo e territorio, energia. Ognuna di queste interagisce con le altre, e dev’esserci una regia consapevole di tutto questo per rendere più salubri i territori e dare via a politiche pulite e sostenibili.

Al di là dei punteggi nelle varie classifiche che i lettori possono visionare a questo link, in cui viene spiegato anche il criterio di assegnazione dei punteggi, ciò che pare opportuno rilevare qui è che il motivo principale del primo posto in questa classifica per Narni sta nell’aver messo in campo delle politiche ambientali dinamiche e non solo di conservazione, o come direbbero i più pessimisti, di facciata. A partire da un indicatore, che rappresenta un po’ la sintesi per capire cosa le amministrazioni stiano facendo: quella è la città in cui si spende di più in sviluppo sostenibile (418 euro pro capite) e Spoleto, con 147 euro pro capite, è il centro in cui si investe di meno nello stesso capitolo; cosicché non stupisce neanche l’ultimo posto della città del Festival dei Due Mondi nel rapporto regionale di Legambiente. Narni è il centro in cui si producono meno rifiuti urbani pro-capite: 409 chili, la media regionale è di 522, quella delle regioni del centro Italia, secondo i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di 547; a Foligno, che in materia di politiche ambientali fa poco meglio di Spoleto, i chili di rifiuti pro capite prodotti sono stati 602 nel 2019. Ancora: a Narni c’è la migliore percentuale di raccolta differenziata della regione: 76,7 per cento (la peggiore è a Spoleto: 56 per cento). Non si tratta di casi: è evidente che trovano riscontro qui le misure di riduzione della plastica e di adozione della strategia “rifiuti zero” che il comune sta mettendo in campo. A Narni c’è anche la più alta produzione pro capite di energia da fonti rinnovabili, frutto anche della sottoscrizione da parte del municipio del Patto per la riduzione di anidride carbonica (Paes); a Foligno c’è la più bassa.

Tutto questo accade perché le politiche per l’ambiente non si improvvisano, come dicevamo. E laddove l’ambiente non sta nelle corde delle amministrazioni, i risultati si vedono. E viceversa. Basta confrontare le pagine web dedicate alle politiche ambientali dai siti istituzionali di Foligno e Spoleto – i comuni maglia nera – con quelle di Narni per capire come dalle prime traspaia una visione dell’ambiente, al meglio conservativa, quando non conservatrice (verde pubblico, bonifiche, volontariato, eccetera) mentre nel municipio a sud della regione l’anima della politica ambientale è trasformativa e dinamica (plastic free, rifiuti zero, energia sostenibile). Anche il fatto che Narni sia il comune con il più alto numero di distributori di acqua potabile per numero di abitanti è sintomo della consapevolezza del connubio acqua pubblica-riduzione della plastica, che da un lato conferma come l’ambiente sia un sistema, e dall’altro dice anche come qui quella consapevolezza sia stata acquisita mentre a Foligno (che ha il più basso numero di distributori comunali di acqua potabile) si continui a guardare altrove.

Tutto bene, quindi? No. Perché in materia ambientale alcune politiche portano subito frutti positivi, per altre occorrono tempi medio-lunghi. Narni sconta ancora problemi per quanto riguarda la qualità dell’aria, e la vicinanza – anzi, il fare un tutt’uno in termini di insediamenti industriali – con Terni, si fa sentire. Quella a cavallo tra i due comuni è l’area con i maggiori problemi di inquinamento da polveri sottili e la più alta concentrazione di ozono, inquinanti che derivano dalle emissioni dei tanti siti presenti nella zona. Per quanto riguarda invece il traffico urbano, l’indicatore che proviene dal biossido di azoto – inquinante prodotto principalmente dai gas di scarico delle auto – addita Perugia come la città messa peggio. E anche per questo dato, non è forse un caso che il sito istituzionale del comune capoluogo definisca il suo assessore al ramo alla viabilità e non alla mobilità, e che questi dal canto suo, si definisca nella sua pagina facebook «assessore al Personale, alla Sicurezza e alla Protezione civile», senza menzionare la delega che ritiene evidentemente meno importante. E va rilevato come, da parte del sindaco di Perugia, l’aver disgiunto la delega della viabilità, come viene definita, da quella dell’ambiente, è sintomo di scarsa acquisizione del concetto di ambiente come sistema e come perno di politiche dinamiche e sostenibili.

Nonostante ci siano buoni segnali dal sud della regione insomma, l’Umbria ha parecchio cammino da fare in termini anche solo di acquisizione di consapevolezza della centralità delle politiche di sostenibilità, ancora fuori dai radar di tanti amministratori ed elettori che fanno coincidere l’ambiente con il verde urbano. Il lavoro di Legambiente ha il grande merito di provare a spostare i riflettori sul tema e di mostrarci che fare dell’ambiente una leva per la sostenibilità e la qualità della vita è possibile. L’esempio di Narni lo dimostra.

Foto da pixabay.com

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