Bertolaso e Tesei in visita all'ospedale da campo di Perugia
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Il “fenomeno Bertolaso”

 

Può essere utile tentare di ragionare sul fenomeno Bertolaso in Umbria, un caso in cui emergono in maniera solare atteggiamenti ispirati a un’ideologia conservator/militaresca di cui è impregnato l’attuale governo regionale e che vanno persino al di là delle intenzioni di chi li mette in atto, essendo meccanismi quasi inconsci. Provare a decodificare quell’ispirazione al di là del clima da derby innescato dalla nomina di Bertolaso a consulente della Regione Umbria per l’emergenza covid, potrebbe aiutare a superarla in maniera radicale, nel senso che se ne riconoscerebbero razionalmente, e non grazie alla propaganda di superficie, la sua inefficacia, retorica e inutile dispendiosità.

Per chiarezza, procederemo per punti.

1) Da parte di chi l’ha nominato, si è insistito molto sulla gratuità dell’incarico a Bertolaso. Un’insistenza che porta a due conseguenze, entrambe sconvenienti. La prima è l’accettazione del principio per cui il lavoro, la competenza, l’esperienza maturata possano non essere retribuiti; che l’assenza di scambio di denaro rappresenti addirittura una virtù. Una deformazione che porta oggi moltissimi giovani professionisti, non Bertolaso, a vivere di stenti. La seconda è l’idea che la gratuità dell’incarico rafforzi in qualche modo la sua legittimità o opportunità. Se chi l’ha nominato considera utile l’incarico a Bertolaso, la legittimità è lì, non occorre trincerarsi dietro la gratuità, che appare anzi un’excusatio non petita. L’opportunità di quell’incarico va ben al di là della sua legittimità, ma questo l’affronteremo più avanti.

2) Bertolaso è un brand, un marchio. È un campione della destra, dovendo buona parte della sua visibilità alle nomine di Berlusconi quando questi era presidente del Consiglio. Da questo punto di vista è una sorta di spot ambulante per l’elettorato che guarda a destra. E questo la presidente Tesei che l’ha nominato non lo ignora. Anzi, quella nomina è probabilmente proprio il frutto del fatto che Bertolaso è uno spot a cui si associano da parte di chi lo stima suggestioni di affidabilità, efficacia, sicurezza. In questa sua veste però, è stato anche lo spot recente della Lombardia, una regione che non pare possa essere portata ad esempio come gestione ottimale della pandemia.

3) Bertolaso è un nome legato alle calamità naturali, che sono emergenze, sì, ma hanno caratteristiche assai diverse da una pandemia come quella generata dal riprodursi di un virus di corpo in corpo. Qui non ci sono ricostruzioni da fare, non ci sono dispersi da ricercare, né campi profughi da allestire. Il propagarsi di un virus necessita di strumenti più fini, più circostanziati rispetto a una calamità naturale; è un po’ la differenza che ci può essere tra la sciabola e il fioretto, tra il coltello da cucina e il bisturi. Un concetto che ci porta dritti al punto successivo.

4) La gestione dell’emergenza covid affrontata come se fosse quella successiva a un’alluvione o a un terremoto ha portato il consulente Bertolaso al varo di ospedali da campo. Era necessario reperire posti letto? Probabilmente sì. Lo si poteva fare in altro modo? Forse. Ma, questo è il punto, la nomina di Bertolaso ha reso evidente come le energie della Regione siano state tutte concentrate sulla parte finale degli eventi: l’ospedalizzazione seguita al gran numero di contagi, più che a prevenire i contagi stessi. Non che non fosse importante reperire posti letto. Solo che non era quella l’unica né la più importante cosa da fare all’inizio di novembre, quando Bertolaso è stato nominato. Bertolaso è capace di agire sull’ultima parte di una catena in cui quello che è saltato in Umbria è il controllo del primo anello, quello della trasmissione dei contagi; e in quello Bertolaso è come un ingegnere in sala operatoria: semplicemente inutile.

5) Alla nomina di Bertolaso si è arrivati dopo che i vertici della Regione in materia di sanità si erano espressi per un abbandono della somministrazione dei tamponi agli asintomatici. Cioè quando si era scelto di fare l’esatto contrario di ciò che si sarebbe dovuto fare per contenere l’espansione del virus, che era l’individuazione e l’isolamento delle persone asintomatiche. Abbandonata l’idea della prevenzione, ci si è concentrati sulle conseguenze della stessa mancata prevenzione, cioè sulla progressione geometrica dell’epidemia e della malattia, e quindi non si è vista altra strada che quella della realizzazione di ospedali da campo. Abbiamo già scritto come questo modo di procedere fosse un errore madornale. E ciò che è accaduto nello scorso fine settimana in Provincia di Bolzano, ci offre un esempio virtuoso e concreto di come si sarebbe potuto procedere. L’abbandono del tampone agli asintomatici è stato presentato dalla Regione come una misura necessaria per utilizzare più efficacemente le risorse, visto che non era possibile fare il tampone a tutti gli asintomatici, si è detto. Era invece vero l’esatto contrario. Il 20, 21 e 22 novembre scorsi la Provincia di Bolzano ha messo in campo un’azione che ha portato il 64 per cento degli oltre 536 mila residenti (cioè oltre 343 mila persone) a effettuare il tampone gratuitamente nelle decine di postazioni messe a disposizione. Ciò a portato a scovare l’1 per cento di positivi asintomatici e a metterli in sicurezza affinché non trasmettano il virus, facendolo morire dentro di sé dopo essere stati messi in isolamento. Il principio è semplice: se metti in atto misure serie di contenimento del virus, abbassi i tassi di ospedalizzazione e le conseguenze più negative dal punto di vista della salute pubblica. È possibile farlo, lo dimostra l’esperienza appena descritta. In Umbria è stata scelta un’altra via, opposta: non cercare il virus, lasciarlo replicare e poi ospedalizzare, cioè agire sull’ultimo tratto della catena. È la differenza tra il bisturi usato a Bolzano e il coltello da cucina scelto in Umbria di cui la nomina di Bertolaso è lo specchio fedele.

6) Il metodo d’azione scelto in Umbria in occasione dell’emergenza coronavirus è la conseguenza di un pensiero conservatore/militaresco che in questo come in altri settori della vita predilige un approccio grossolano e rigido di repressione forzata dei fenomeni più che il loro governo sulla base del principio di realtà. Si è scelto di non fermare l’espansione del virus con un’azione di intelligence perché la si è giudicata troppo dispendiosa e si è chiamato un professionista delle calamità naturali per governare un’epidemia. Ciò ha portato al fatto che il giorno della nomina di Bertolaso (3 novembre) i nuovi positivi furono 420 e dopo quasi tre settimane il numero è sostanzialmente lo stesso: 21 novembre, 408 nuovi positivi. Nessun passo avanti. Se quando si nominava Bertolaso confidando nello spot che questi rappresenta, si fosse avviato il monitoraggio gratuito e di massa sperimentato in provincia di Bolzano, forse oggi conteremmo meno positivi, meno ricoverati e meno pazienti gravi, infettatisi nel frattempo grazie al contatto con asintomatici che sarebbero stati messi in isolamento.

7) L’esperienza di prevenzione fatta a Bolzano da un lato, e l’azione “repressiva” in salsa umbra posta sull’ultima fase della catena dall’altro, mostrano come la nomina di Bertolaso, ancorché pienamente legittima, rappresenti un modo di agire inopportuno, o quanto meno poco efficace. È quasi sempre così. Nel governo della cosa pubblica serve più il bisturi che il coltello da cucina, l’azione modulata sulla base di fatti concreti invece dell’ideologia da casacca. Il punto è che agire per spot, come nel caso di Bertolaso, consente (forse) di acquisire consensi; il fare militaresco infonde nel pubblico l’idea di prendere di petto i problemi. Invece entrambe le pose sono l’esatto contrario di un’azione efficace, opportuna e responsabile. Un po’ come mettere in galera la gente e spendere soldi per costruire più carceri invece di cercare risorse e intelligenze per contrastare le cause del disagio che portano a delinquere per stare meglio tutti. L’ideologia conservator/militaresca è spietatamente coerente, ancorché del tutto fuorviante.

Nella foto dal sito istituzionale della Regione Umbria, Tesei e Bertolaso in visita all’ospedale da campo allestito a Perugia

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