San Francesco al Prato, la mattina del 5 maggio 2024, giorno della presentazione del programma di Vittoria Ferdinandi
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Domenica a San Francesco al Prato

 

Il sole splende su San Francesco al Prato, accompagnato, come da abusata tradizione, da quel vento che al di là di ogni spicciolo campanilismo potrebbe essere denominato più che tramontana, scirocco o maestrale, come il vento di via dei Priori. Nell’arrivare, sospinti appunto dal vento di via dei Priori e scaldati da un sole simbolico e ben augurante, con Paola capiamo subito, dalle persone accalcate tanto presso la porta destinata all’ingresso quanto nei paraggi di quella adibita all’uscita, che entrare nell’Auditorium sarà impresa praticamente impossibile. Non abbiamo bisogno di ricorrere all’espediente dell’acerbo dell’uva per scegliere come nostro naturale luogo di approdo le scalette, o meglio i quattro gradini che caratterizzano l’ingresso dell’Oratorio di San Bernardino, dove campeggiano i cartelli riportanti la scritta:«spazio bimbi». Mentre dagli altoparlanti esce la musica, interrotta dalle comunicazioni di servizio che invitano ora a non accalcarsi per provare (inutilmente) a entrare, ora ad annunciare l’imminente intervento di Vittoria Ferdinandi, la più umana tra i marziani e la più marziana tra gli umani, impegnata nel rilasciare le interviste di rito, i bimbi, nel delimitato improvvisato del loro spazio fatto di coperte adagiate sul suolo, spendono indifferenti il tempo privo di misura immersi nel catartico del proprio giocattolo di temporanea e assoluta proprietà.

Siamo lì per ascoltare quella che ci auguriamo possa essere la futura sindaca di Perugia, ma come per incanto entrambi veniamo assorbiti dall’interagire innocente dei bimbi e dall’entusiasmo, di cui si erano perse decisamente le tracce e finanche le scie, di un crescente numero di persone, stupite di ritrovarsi intorno e dentro a un progetto politico collettivo. Un po’ come quando ci si pizzica la guancia per riuscire a distinguere il sogno dalla realtà, il nostro vicino di seduta, che ha perduto ben prima di me e Paola, che nostro malgrado giovanissimi non siamo più, i tempi innocenti e spensierati dell’infanzia, con un sorriso aperto che preannuncia speranza laddove albergava rammarico, girandosi verso dei conoscenti fa: ma allora hai visto che c’è questo popolo di sinistra, bastava andarlo a cercare. I conoscenti gli sorridono condividendo tanto la speranza incarnata quanto il pensiero espresso, i bimbi indifferenti alle magagne dei vecchi continuano imperterriti a occupare i plaid e a interagire con i libri, i colori, le costruzioni, sotto lo sguardo vigile e partecipato di due giovani con un cartellino appigliato sulle camicie riportante la dicitura: staff. Io e Paola ci prendiamo per mano cercando di rimanere simbiotici ed entusiasti dentro questa tela che non vuole pittore perché raffigura vita. Nel frattempo dalle casse non escono più musica e appelli, ma la voce calda e fiera di Vittoria. Vale la pena mantenere l’entusiasmo, uscire dal simbiotico, lasciare ai loro sogni tanto i bimbi quanto chi bimbo non lo è più, e seguire con la dovuta attenzione le parole di chi è artefice principale di una giornata che solo due mesi fa era semplicemente impossibile immaginare.

Ma si sa l’ambiente circostante avvolge e contamina, e non è così facile concentrarsi solo sulle parole rimandate dalle casse che però a loro volta si fanno ambiente contaminando e avvolgendo. Continuo a tenere stretta la mano di Paola mentre Vittoria rivendica partecipazione e non esercizio di delega, vivibilità e non sicurezza, visione di lungo corso e interventi puntuali e non calcolo elettorale e promesse diffuse, recupero delle radici più sane e innovative (scale mobili, Umbria jazz, la Perugia-Assisi) e non slogan che si limitano a marchiare il passato con arrogante sufficienza, rivendicazione orgogliosa del proprio agire e rifiuto della demonizzazione dell’altrui operare. Insomma gli altoparlanti che marziani rimbombano sul pianeta terra riportano i tempi e i modi, le coniugazioni e le declinazioni di chi ha intenzione di usare il suo vocabolario senza limitarsi, come da troppo tempo accade, a scimmiottare il vocabolario degli altri. Lascio la mano di Paola, sento la necessità di applaudire non per dare a chi parla il giusto riconoscimento, visto che lei quell’applauso non può né sentirlo né vederlo, ma per sottolineare a me stesso in primo luogo e a chi mi sta attorno come si sia sulla strada giusta, come l’impossibile sia divenuto fattibile e come il fattibile possa tramutarsi in atto concreto. I bimbi ignari del rimando semantico che pretendo di dare al mio applauso continuano a non vedermi, impegnati come sono nel loro ludico costruire, disegnare, colorare, imbrattarsi. I non più bimbi proseguono a parlottare tra di loro del più e del meno con un orecchio sempre attento all’amplificare delle casse. Nel frattempo Vittoria ha lasciato il microfono ai rappresentanti delle liste in suo appoggio che snocciolano ciascuno per le proprie competenze le parti essenziali del programma in un alternarsi polifonico figlio di una innovativa voglia di incontro e nemico della consueta pratica del distinguo.

Con Paola decidiamo che possiamo andare, consapevoli di perderci sicuramente qualcosa, in particolare l’intervento conclusivo della futura sindaca, ma certi di aver sentito abbastanza, sicuri che l’esperienza perugina possa rappresentare un nuovo inizio in grado di travalicare i confini ristretti delle 52 frazioni per diffondersi nella regione prima, nel sistema paese poi e perché no nell’Europa che sarà. La dialettica tra universale e particolare, locale e globale non prevede traiettorie precostituite e gerarchie di precedenza, ma pratiche politiche in grado di trasformare la realtà, e il germe della trasformazione nasce e cresce laddove il campo è stato arato e seminato con il dovuto impegno e la necessaria competenza.

Mentre risaliamo via dei Priori, dopo aver salutato con tanto di manine agitate i bimbi che ci hanno accompagnato nell’ascolto, ripenso, senza lasciare la mano di Paola, al nulla espanso delle polemiche agitate con strumentale vuoto di argomenti sul pugno chiuso del 25 aprile, sulla stella rossa tatuata, e sul rolex che immobile trasmette ricordi personali senza scandire il tempo. Polemiche respinte al mittente dalla gioiosa risposta messa in campo dall’alleanza per la Vittoria, una risposta fatta di programma partecipato e di antifascismo né elitario né radicale, ma costituito e costituente, un antifascismo inscritto nella Costituzione che deve essere patrimonio comune di chiunque pretenda di governare la città, come ha ricordato a tutti con moderato sapere storico e pacata determinazione presente la ragazza dalla stella rossa, il pugno chiuso e il rolex che sarà sindaca della Perugia dalle radici così salde da poter essere futuro.

Foto di Andrea Cernicchi

2 commenti su “Domenica a San Francesco al Prato

  1. Bello il tuo articolo. Sei riuscito a tradurre, insolitamente per il tuo standard :), le emozioni di chi ha vissuto quella “giornata particolare”.
    Mi rimane solo un piccolo tarlo. Il popolo di sinistra ritrovato, citato dal vostro vicino di seduta, mi sembrava ancora in maggioranza elitario. Insomma il pugno chiuso di Vittoria deve ancora fare molto per abbattere quel muro in cui si era rinchiusa la presunta sinistra in gioielli e paillettes.

  2. Nella partecipazione che ha costruito la giornata particolare, al di là dei tarli personali e dell’intraducibilità delle emozioni, lo snobismo elitario cede il passo per forza di cose alla presa di parola di tutti e di ciascuno, quel popolo che non delega ed è per tanto moltitudine irriducibile a uno ha trovato di fatto nella molteplicità delle soggettività che discutono partendo e allondanandosi da sè il metodo. Chiaramente il metodo altro messo in campo con collettiva intraprendenza è elemento necessario e non sufficiente, bisognerà tornerà a soddisfare i bisogni (degli ultimi), ad alimentare i desideri (dei molti) senza tralasciare l’esigibilità dei diritti (di tutti), per farlo si dovrà rivedere la scaletta delle priorità e trovare i mezzi (materiali) per trasformarla in realtà. Per questo credo che centralità assoluta, per tradurre il programma partecipato in attuazione puntuale, lo abbia l’assessorato al finanziamento o se vuoi allo sviluppo economico. La capacità di riuscire a reperire i fondi in ogni dove e con ogni mezzo, grazie alle competenze (di pochi) e alla determinazione (di tutti), e una volta presi a riversarli nel territorio secondo le linee guida tracciate sarà l’unico giudice in grado di dirci se il muro sia stato abbattuto e se la sinistra abbia svestito i panni del presunto per tornare a indossare quelli della trasformazione del reale. L’insolito e lo standard, il tarlo e il muro sono ordunque nulla rispetto alle emozioni indescrivibili della domenica a San Francesco al Prato. Vota e fai votare Stefano Nuzzo e Vittoria Ferdinandi un uomo una donna un’altra architettura (di città) possibile……:)

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