Bambini che giocano a pallone nonostante i cartelli di divieto
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Alla scoperta della libertà

 

“Nelle fabbriche come macchine ci usò; nelle sue scuole la morale di chi comanda ci insegnò”, cosi Franco Fortini nella sua versione dell’Internazionale descrive quella neutralità, quella capacità esclusiva di essere al di sopra delle parti che il capitalismo avoca per sé, risultando, nell’eterno paragonarsi a sistemi alternativi, a suo assoluto giudizio, l’unica strada percorribile per un’umanità e un sistema mondo che non vogliano degradare nell’inciviltà che popola lo spazio esterno al capitalismo stesso. Insomma, se il capitalismo oggi come ieri continua a ritenersi l’unico sistema percorribile, i suoi antagonisti, oggi a differenza di ieri, hanno perso la capacità non solo di ribaltarlo tale assioma, ma ancor più semplicemente di metterlo in discussione.

Il crollo del muro di Berlino – un muro di cui nessuno sente la mancanza, ma che, visto il deserto attuale, fa venire nostalgia degli “spazi di possibilità” che aveva forzatamente aperto, suo malgrado, nella frontiera dell’ovest, mentre rinchiudeva a doppia mandata i sogni di alterità dell’est -, quel crollo è stato fatto passare come l’evidenza oggettiva che il capitalismo fosse l’unica via possibile, la sola strada praticabile. Un assolutismo così democratico da risultare unica indiscutibile verità; così indiscutibile da definire gli spazi di libertà, le regole e i tempi di gioco; così vero da non avere alcun bisogno di dimostrare la falsità dell’altro, falso in quanto altro dal vero. Insomma quella regola base secondo cui l’Unione sovietica faceva propaganda mistificando il reale e l’Occidente informazione esaltando le varie facce della realtà, ha allargato i suoi confini, il mondo al di fuori dell’occidente (o meglio il mondo che mette in discussione il primato dell’occidente) ha preso il posto dell’Unione sovietica e il tempo limitato della guerra fredda ha lasciato campo libero a quello senza fine della guerra permanente.

Così mentre si combatte per garantire il diritto di esistenza dell’Ucraina, permettendo il riarmo generalizzato a suon di miliardi di dollari – in un gioco perverso in cui il dollaro garantisce sopravvivenza all’industria dell’arma e l’arma protegge e tutela la centralità del dollaro – allo stesso tempo il diritto alla vendetta di Israele (in una mappa di temporalità geografica così indefinita da risultare altamente aleatoria) precede la tutela dell’umanità della popolazione palestinese di Gaza. Di fatto si impone con l’esercizio della forza e il “sabotaggio” sistematico degli enti sovranazionali, ieri a colpi di risoluzione oggi a colpi di veto, domani chissà con quali colpi, la ragione dell’occidente come metro unico di misura.

La forza dell’occidente è tutta nell’impresentabilità del suo contendente, è la brutalità del nemico a legittimare ogni azione, anche la più disdicevole del “fronte alleato”. Ragione questa che stronca ogni possibile ragionare sulle cose e finisce con il trasformare il pluralismo democratico in unanime adesione alla crociata. A quasi trentacinque anni di distanza della danza dei picconi che hanno fatto briciole del muro il vero filo conduttore che alimenta sempre e comunque le guerre è il grido: o occidente o barbarie. La volontà della pace altro non può essere che esercizio di guerra contro chi quella pace non vuole. Quindi se vogliamo vivere sereni, cari e sinceri democratici, dovete abituarvi alla guerra!

In una situazione del genere, in una giornata assolata che mi costringe suo malgrado alla coazione casalinga, le orecchie mi sono andate, in una ricerca naturale di protezione avvolgente, alle strofe di speranza e di ragione collettiva di Fortini e gli occhi si sono immersi, con slancio di fideistica futuribilità, nel testo illustrato di Giulia Ceccarani: «Alla ricerca della libertà». Se Franco Fortini fa giustizia, attraverso la sua forza poetica collettiva, di ciò che è stato e di ciò che potrà essere (il no che si farà sì e la sconfitta che diventerà vittoria), Giulia con il suo sublime tratto e la sagace penna ci restituisce il senso delle cose grazie allo sguardo sognante e iper/realista dei bambini che sfidano e incalzano il mondo dei grandi. Se nella visione di parte dell’umanità di Fortini c’è tutto il marcio (l’egemonia del capitale) dell’occidente che si ritiene sufficiente e tutto il meglio dell’occidente che non si considera abbastanza (la resistenza attiva dei reietti), nell’appropriazione del cortile negato dai grandi da parte dei bambini di Giulia e nella loro tenacia nel pretendere di riscrivere le regole del gioco e di decidere collettivamente cosa sia la libertà, perché non esiste gioco senza regole e non esiste libertà senza condivisione, c’è la tensione che fa la vita attraverso le piccole cose di tutti i giorni. L

La scoperta della disobbedienza come motore alternativo e la necessità della partecipazione come insostituibile telaio. I compagni senza tempo di Franco Fortini con la presunzione di (ri)scrivere la Storia e i bambini senza età di Giulia Ceccarani con la pretesa di scrivere il manifesto del cortile libero con e contro gli adulti sono la migliore compagnia che questa domenica di assolata coazione mi potesse regalare. Tornerò allo stillicidio quotidiano dell’informazione che elenca marziale le ragioni inevitabili della guerra e contrita le morti di bambini dovute alle ragioni inevitabili della guerra certo che un altro mondo sarà sempre possibile con buona pace del capitalismo e dell’occidente, lo sarà tanto nei versi a pieni polmoni di Fortini quanto nei disegni e nelle parole a mille colori di Giulia.

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