Due ragazzi chiacchierano su una panchina
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Lu gnomo e lu scarso. Il ritorno

 

Lu scarso e lu gnomo sono due personaggi di fantasia che hanno già fatto la loro comparsa su Cronache Umbre. Sono ternani, figli della pancia operaia della città, oggi vivono il loro precariato passando molta parte della loro giornata giocando a tressette al bar e commentando quello che gli accade intorno.

Il bar quel giorno e a quell’ora, come ogni giorno a quell’ora, era pressoché deserto. Claudio e Carlo, come da consumata tradizione, occupavano il tavolino esterno cercando di inseguire con le proprie sedie quel po’ di ombra concessa dal torrido sole che prepotente dominava il cielo della conca. Impossibile poter organizzare la classica quattrata a carte fatta di briscola e tressette per mancanza di giocatori disponibili, così dopo aver fatto la consueta partita di scopa, e dopo aver litigato a ogni mano e su ciascun punto, si immersero senza alcun preavviso e alla loro totale insaputa nell’ennesima surreale conversazione sulla realtà che li circondava, prendendo spunto dalle esternazioni pubbliche prodotte a profusione dal sindaco e dal suo fido assessore scudiero.

«La Ternana sta nella merda», disse improvvisamente lu gnomo allo scarso dondolandosi distrattamente sulla sedia.

«Ma come, non ce doveva compra’ lu sceicco e portacce in serie A?», rispose sarcastico lu scarso dondolandosi a sua volta con precario equilibrio.

«Scì scì, fa’ lu scemo te, se non ce fosse lui stavamo a gioca’ co lu Stroncone mo’».

«Ma perché te risulta che se ne sia mai annato? A me me pare proprio de no, a questo je interessa de fa a clinica privata co’ li sordi de tutti e del resto non je ne puè frega’ de meno».

«Beh perché solo a Perugia se possono fa le cliniche? Noi chi semo gente de serie B?».

«Quelli come te anche de serie Z se è pe’ questo».

«Scì sci, continua a fa lu scemo tu».

«Scemo io? A me me pare che lu scemo si tu e tutti quelli che ancora je vanno dietro».

«Senza lui il nulla, senza lui lo Stroncone»

«Senza lui ‘sto cazzo», rispose stizzito lu scarso di fronte alla perentoria affermazione dell’amico che non vedeva alternativa alcuna.

«Semo nervosetti, eh?» affermò interrogativo lu gnomo.

«Ma quale nervosetti si tu che si scemo, tutto qui» ribatté composto lu scarso.

«Lu solito scienziato, che pensa da capi’ tutto e non capisce un cazzo, senza di lui il nulla», confermò con convinzione lu gnomo.

«Tu il nulla ce l’hai dentro la capoccia e non perdi occasione pe’ dimostrallo».

«Ma certo, ma come no, fosse pe’ te e pe’ quelli come voi stavamo ancora a campa’ de caccia co’ l’arco, de pesca co’ la cerbottana e de allevamento co’ lu bastone. Zulù lu capotribù te vojo chiama’».

«Ah mo scì che semo tutti, te ce mancava l’assessore scienziato a te».

«Perché che vorresti di’ che non c’ha ragione»?

«Tu si tutto scemo».

«Be certo campamo de specchi che catturano sole sulle colline e de pale che imprigionano vento sulle montagne come no».

«Ah ah, già il nucleare ecologico de ultima generazione ah ah, povero scemo tu non sai cosa dici, tu non sai de che parli».

«E invece tu, primordiale teorico della decrescita felice, lo sai de sicuro quello che dici».

«Ma come parli cazzo, sei un replicante di un replicante e non te ne accorgi. In quella letterina ce stanno scritte una serie di cazzate che potrebbe vince il primo premio alla sagra della panzana».

«In quella che chiami letterina ce sta la realtà delle cose. Senza energia non se campa, senza nucleare non se va avanti»

«Tu con quella capoccia vai avanti pe’ inerzia, la colpa è la mia che ce perdo ancora tempo con te. Tu si la peggior scoria del peggior pensiero, quello che campa de stereotipi e de approssimazione».

«Me mancavano i paroloni del professorino, ma scenni da ‘sto banchetto e metti li piedi pe’ terra invece da fa teoria su tutto. Ce vuole senso pratico quello che manca a voi che campate de filosofia de ‘sto cazzo», sentenziò lu gnomo sufficientemente adirato.

«Semo nervosetti eh?» rispose con soddisfazione interrogativa lu scarso rifacendosi al vocabolario de lu gnomo.

«Ma quale nervosetti, ma quale nervosetti, si te che non voi capi’, ma lo vedi come semo finiti»?

«No non lo vedo no, perché come semo finiti»?

«Ma non lo vedi che qui è tutto un gran casino, regazzini che se menano pe’ le cazzate, gente che te entra dentro casa in pieno giorno, furti nei negozi, risse continue, tocca avecce paura de anna’ in giro la sera e tocca avecce paura de sta‘ in casa de giorno cazzo»

«Ma come non doveva esse’ Dubai»?

«Fino a quanno ce starà la gente come te qui potemo fa’ solo Cuba altro che Dubai, fino a quanno ce starete voi vivremo solo de miseria e paura, cazzo».

«Ma come il decoro, la tolleranza zero, li sceriffi privati, le ronde pubbliche e tutta la filiera de cazzate che dovevano porta’ sicurezza e fa campa’ la gente in pace e serenità, tutte fallite? Tutti buchi nell’acqua?».

«Giusto i buchi nell’acqua, tutte cose serie che fino a quanno ce staranno li scienziati come te passeranno pe’ cazzate. Mo ve lo da lui cazzo, ogni persona perbene diventerà una telecamera vivente».

«Ah ah ogni cervello un monitor e ogni monitor una spia ah ah».

«Ridi ridi, ma smettila, il controllo di vicinato è ‘na cosa seria cazzo»

«Ma certo, ma come no?, il modello Ddr diventa il punto più alto di libertà e partecipazione. Tu si proprio tutto scemo te manca l’Abc».

«Ma quale Ddr, sei proprio un comunista di merda, le persone perbene non hanno niente da temere dal controllo di altre persone perbene, so quelli come te che devono ave’ paura».

«Ah ah guarda tremo tutto, il problema è capi’ la differenza tra libertà e partecipazione e sicurezza e sorveglianza. Lo capisci sì che quanno non sanno più che fa’, perché tutto quello che hanno fatto si è dimostrato inutile, passano dalla tolleranza zero imposta dall’alto alla sorveglianza reciproca partecipata? La capisci o no la differenza tra una ronda e un’assemblea pubblica, tra la vivibilità e la sicurezza, tra una telecamera che osserva e una piazza che vive?».

«Eccolo, è tornato il professorino che interroga».

«La colpa è solo la mia che ancora perdo tempo con te».

«L’arco, le frecce, il fuoco, la ruota e la caverna, Zulù capotribù», sentenziò ieratico lu gnomo.

«Lu servo sciocco che se sente genio libero», controbatté lapidario lu scarso ponendo fine al solito duello di molte più parole rispetto al loro solito e dei soliti insulti sospesi come da consumata abitudine.

Tornarono a mescolare le carte spostando sedie e tavolino alla ricerca di un’ombra sempre più residuale, tornarono a sfidarsi attraverso la complicità delle carte lasciando cadere ogni discussione su ciò che li circondava. Lu scarso e lu gnomo erano fatti così, figli orgogliosi e opposti della stessa provincia che crescendoli li aveva inglobati, che inglobandoli li aveva fagocitati. Una provincia asfittica che per loro continuava a essere l’unica casa possibile, l’unico luogo immaginabile un po’ per genetica pigrizia, un po’ per acquisito senso di appartenenza.

Foto da pxhere.com

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