Il rendering dell'ingresso dell'ospdale di Terni secondo il progetto di ampliamento curato dal comitato per il rilancio dell'Azienda osledaliera "Santa Maria"
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Un progetto sostenibile per l’ospedale di Terni

 

Fino al 2019 l’ospedale di Terni rientrava da tempo nelle migliori posizioni di classifica degli ospedali italiani per risultati, esiti, costi parametrici e attrazione di pazienti provenienti da altre regioni. In particolare, il flusso annuale di pazienti da fuori regione non era mai inferiore al 20 per cento e compensava da decenni il saldo passivo della restante rete regionale. L’attrattività e le performance di un ospedale sono essenzialmente legate all’offerta di servizi, alla qualità delle risorse umane e dell’organizzazione assistenziale e alle risorse tecnologico-strumentali disponibili.

Il triennio da dimenticare

I problemi sono iniziati, e successivamente peggiorati, con l’emergenza Covid. Durante quel periodo la Regione ha riversato sull’ospedale di Terni un carico di pazienti enorme, il maggiore in numeri assoluti di tutta la regione, che ha quasi paralizzato la struttura, portando le liste d’attesa – interventi chirurgici inclusi – a tempi biblici, penalizzando a lungo l’utenza locale e azzerando l’afflusso extraregionale, con l’effetto di mandare in negativo il bilancio dei flussi di utenza dell’intera regione e causare una passività finanziaria. In quegli anni è stato alimentato un clima aziendale pesante ed è stata pressoché bloccata anche la sostituzione dei primari andati in pensione. Tutto ciò ha determinato una situazione di provvisorietà direzionale clinica: tutti segnali di uno strisciante disegno di depotenziamento della struttura. Una situazione che, dopo la sostituzione dell’allora direttore generale – chiesta dal Consiglio comunale, votata anche dall’opposizione, e accettata obtorto collo dalla Giunta regionale di allora – va lentamente migliorando anche se non è del tutto recuperata.

La struttura edilizia: problema vero o arma di distrazione?

La responsabilità della crisi, determinata dalle scelte politiche e gestionali di Regione e vertici aziendali cui si è accennato, è stata invece fatta ricadere sulla presunta vetustà della struttura ospedaliera, che però era la stessa in cui negli anni appena precedenti si centravano obiettivi ambiziosi come quelli menzionati. Pur patendo alcune criticità che richiedono interventi indifferibili (parcheggi, pronto soccorso, climatizzazione parziale), quella struttura presenta anche diversi punti di forza, tra cui il nuovo blocco operatorio, un parco di tecnologie sanitarie all’altezza anche del suo ruolo di Dipartimento di emergenza di II livello, e diverse strutture rinnovate. Senza considerare che la gran parte dei migliori ospedali italiani è di realizzazione precedente a quello di Terni.

I limiti delle proposte avanzate

Ma il discredito della struttura è proseguito nonostante le evidenze. Si è così arrivati al momento in cui un gruppo privato ha proposto la realizzazione di un nuovo ospedale sul sito di Colle Obito con la formula del “project financing”. La proposta è stata bocciata nel 2023 dalla Commissione aziendale e l’anno successivo da quella regionale soprattutto perché palesemente insostenibile dal punto di vista finanziario sia per l’Azienda ospedaliera che per la Regione. L’astronomico costo venticinquennale, oltre a sottrarre cospicue risorse destinate ai servizi sanitari depotenziando la struttura pubblica, sarebbe ricaduto pure sulla fiscalità regionale, gravando dunque sulla salute e sulle tasche dei cittadini. La formula del project financing sta cadendo in disuso: vi hanno rinunciato regioni governate sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Nel periodo in cui si vagheggiava di tutto questo, è comparso all’orizzonte ternano anche il discutibile progetto stadio-clinica, rivelatore anch’esso di un più ampio disegno di sviluppo di una privatizzazione della sanità da alimentare con fondi pubblici. La proposta alternativa di ricorrere a un finanziamento da parte dell’Inail comporterebbe l’onere di un affitto di entità non irrilevante; l’utilizzo dell’ospedale in locazione è peraltro una soluzione inadatta per una struttura di elevata complessità che richiede continui interventi di adeguamento a esigenze sempre nuove. Inoltre, una non escludibile futura privatizzazione di pezzi di patrimonio pubblico (come quello Inail) finirebbe per renderebbe ancor più problematico il rapporto di locazione, come già sperimentato in Veneto. Tutto ciò rende piuttosto evidente che non esiste alcuna alternativa vantaggiosa all’utilizzo di un finanziamento pubblico statale erogato a fondo perduto, che potrebbe essere garantito ai sensi dell’articolo 20 della legge 67/1988, eventualmente integrato da un cofinanziamento regionale. Perché scegliere strade più onerose?

Quanto all’altra ipotesi in campo, quella della realizzazione ex novo di una struttura nella zona di Maratta ricorrendo a fondi pubblici, va rilevato che l’elisoccorso ha risolto in gran parte il problema dell’accesso rapido all’attuale presidio. In questo caso inoltre, il quadro delle esigenze finanziarie, cui andrebbero aggiunti i costi relativi alle esigenze collaterali (Università, nuova viabilità, interventi urgenti sull’attuale struttura) supera oggi i 500 milioni euro, e si presume lieviterà nell’arco dei 10-12 anni necessari alla realizzazione. Il contesto finanziario italiano attuale e le crescenti turbolenze internazionali non offrono certezze né sulla ottenibilità di un finanziamento così ingente né sulla continuità di un flusso finanziario a stralci successivi. Infine, anche sulla base della negativa esperienza di Perugia, non va sottovalutata la difficoltà di riutilizzare efficacemente l’ampia area e l’enorme struttura attuale, difficilmente riconvertibile, cosa che comporterebbe il cospicuo costo aggiuntivo della sua demolizione.

Come uscire dal vicolo cieco

Già da tempo, vista l’improbabilità delle soluzioni proposte appena passate in rassegna, è maturata tra addetti ai lavori e osservatori più attenti la convinzione che la questione rischia di imboccare un vicolo cieco il cui esito più probabile sarebbe il nulla di fatto. Per questo è stato costituito un gruppo di lavoro interdisciplinare in modo da studiare la fattibilità di una soluzione alternativa, realizzabile e sostenibile, con fondi esclusivamente pubblici, in grado di risolvere radicalmente tutte le criticità attuali, conferire al presidio un nuovo modello funzionale più razionale ed efficace, assicurare la flessibilità e l’adattabilità del complesso alle future esigenze, rendere l’ospedale più accogliente per l’utenza e più vivibile per gli operatori. Ne è scaturita una proposta di “modico ampliamento e forte rifunzionalizzazione” che è stata presentata ufficialmente nel maggio dello scorso anno. Nel successivo mese di luglio è stato costituito il “Comitato per la difesa e il rilancio dell’Azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ di Terni”, che ha raccolto numerose adesioni. Sono state poi intraprese diverse iniziative per informare la cittadinanza e illustrare la proposta che è stata infine presentata davanti alla Terza Commissione consiliare regionale.

Le caratteristiche del progetto

La ricognizione a scala nazionale delle strutture ospedaliere di medio-alta complessità ha evidenziato come a Perugia e Ancona, che si trovano peraltro su una scala dimensionale maggiore di quella di Terni, sono stati realizzati importanti interventi di ampliamento e rifunzionalizzazione di strutture preesistenti (risalenti agli anni 70-80 del secolo scorso) e paragonabili a quella ternana, realizzando complessi ben integrati e funzionali. L’impostazione progettuale è stata direttamente suggerita dalle fortunate opportunità offerte dall’area di Colle Obito in cui sorge l’attuale struttura, le cui uniche due aree utilizzabili perché non occupate da servizi sanitari in attività risultano strategicamente poste in prossimità del complesso attuale e di viale VIII Marzo: l’area dell’attuale parcheggio di superficie, utilizzata oggi poco razionalmente, e l’area adiacente all’attuale complesso e prospiciente il parcheggio, occupata da funzioni non sanitarie trasferibili altrove e dall’ex sala conferenze.

Gli interventi previsti dal progetto sono finalizzati al raggiungimento di sette obiettivi principali, vediamoli.

1) Razionalizzare la circolazione interna degli automezzi: l’anello viario interno viene completato ed esternalizzato all’area sanitaria e sbocca su viale VIII Marzo, consentendo ai lavori di cantiere di non determinare interruzioni delle attività sanitarie.

2) Ampliare la dotazione di parcheggi: si prevede la realizzazione di una struttura multipiano che, pur senza occupare l’intera area esistente, potrà ospitare almeno 600 auto, raddoppiando l’attuale disponibilità di posti sul fronte sud, risolvendo i problemi del quartiere. Sulla copertura si prevede la collocazione di un consistente parco fotovoltaico da 1,3 MW.

3) Dotare la struttura di un nuovo blocco polifunzionale: si prevede un blocco, da realizzare sul versante sud e da sviluppare su sei piani, tutti fuori terra dato il declivio del colle, per un totale di circa 2.800 mq ciascuno – complanari a quelli del complesso esistente, tra il livello -2 e il livello +3, da utilizzare come segue: il piano -2 lasciato inizialmente libero come “piano di espansione”per future esigenze; il piano -1 dedicato al Nuovo ingresso pedonale che sostituisce quello attuale e a una vasta area ambulatoriale in cui raggruppare le tante funzioni oggi sparse; i quattro piani superiori da utilizzare come nuove e ampie aree di degenza a elevato livello di comfort, articolabili su ciascun piano a schema libero sulla base delle esigenze funzionali più appropriate ed agevolmente modificabili nel tempo, per un totale di 260-280 posti-letto.

4) Migliorare l’accessibilità per l’utenza: visitatori e utenti ambulatoriali potranno accedere dal vicino parcheggio multipiano e dalla fermata dei bus al nuovo piazzale su cui si affaccia il nuovo ingresso pedonale principale che sostituisce quello attuale. Una prima bretella di collegamento sviluppata su tutti i piani, allineata al sistema dei corridoi assiali interni, assicurerà la saldatura diretta del nuovo ingresso e del nuovo blocco sud all’attuale complesso.

5) Ricompattare le attività ambulatoriali su due soli piani: le funzioni ambulatoriali vengono raggruppate tutte al piano -1, che ne ospita già altre; il sottostante piano -2 ospita già tutta la Diagnostica pesante e la Radioterapia.

6) Migliorare la funzionalità sanitaria del rinnovato complesso: la capienza di posti-letto assicurata dal nuovo blocco, pari alla metà di quella totale, consente di concentrare tutte le attività sanitarie entro l’attuale terzo piano del complesso, semplificando molto i percorsi e l’organizzazione assistenziale. I tre piani liberati consentiranno di riguadagnare spazi adeguati per quelle funzioni interne che oggi non ne dispongono: aree direzionali di presidio, uffici interni aziendali, studi, spogliatoi e spazi di interazione per tutte le équipe sanitarie, e infine ambienti per le esigenze di studenti universitari, tirocinanti e specializzandi. La rinuncia alla destinazione sanitaria di quei piani consente, in base alla vigente normativa, di ridurne di molto gli standard parametrici originari, permettendo alla struttura attuale di riguadagnare un automatico miglioramento antisismico.

7) Razionalizzare i percorsi sanitari interni: si prevedono percorsi verticali e percorsi orizzontali. Per quanto riguarda i primi, il nuovo blocco sud sarà dotato di due adeguati gruppi verticali in grado di rispondere a tutte le sue molteplici esigenze; nell’area esistente, decongestionata, verranno realizzati nuovi e più ampi montalettighe, da posizionare in corrispondenza degli snodi funzionali principali. Per ciò che concerne invece i percorsi orizzontali, la seconda bretella pluripiano sanitaria connetterà direttamente il nuovo blocco sud e l’ala sud-est al corpo centrale est, al Dipartimento emergenza urgenza (Deu) e al blocco operatorio principale e favorirà una razionale redistribuzione delle funzioni sanitarie all’interno del presidio: le aree di degenza chirurgiche, quelle mediche correlate e quelle implicate nell’emergenza-urgenza troveranno perciò un’elettiva collocazione lungo questo asse di collegamento diretto. Al piano terra la saldatura del Deu al corridoio assiale ne faciliterà il collegamento con l’area medica ed oncologica concentrate sulla testata nord.

8) Risolvere i problemi del Pronto Soccorso: per quanto riguarda il Pronto soccorso, sono necessari non meno di 700 mq in più per decongestionare e rendere l’attività operativa più efficace e dignitosa per utenti e operatori. Lo spazio necessario è facilmente guadagnabile soprattutto sull’area frontale est e in piccola parte a sud. I lavori sono gestibili senza interrompere la continuità del servizio realizzando un accesso alternativo sul fronte nord. L’accesso dei mezzi di soccorso sarà posto più in avanti dell’attuale. All’interno va realizzata un’adeguata zona triage. L’attuale promiscuità va superata mediante la ripartizione degli spazi di accoglienza dei pazienti in tre aree organizzate in funzione del livello di criticità; quella “media” sarà la più capiente e confortevole e ospiterà anche i pazienti in stand by per un ricovero.

9) Razionalizzare le aree operatorie ed interventistiche: le crescenti esigenze di sviluppo tecnologico e applicativo clinico nelle tecniche operatorie e in quelle interventistiche rende indispensabile la realizzazione di una seconda ampia sala ibrida e opportuno il raggruppamento delle attività interventistiche, legate anche all’emergenza, in un blocco angiografico da almeno quattro sale.

La mappa di massima dell'ampliamento dell'ospedale di Terni ideata dal comitato
La mappa dell’ampliamento dell’ospedale di Terni ideata dal comitato e dell’attuale struttura

I costi dell’intervento

Il progetto descritto è in grado di garantire al presidio un modo completamente nuovo e più razionale di funzionare, portando la qualità della struttura a un livello non inferiore a quello di un ospedale nuovo di pari livello e ben concepito. Le soluzioni adottate consentono anche una fluida transizione a basso costo dal vecchio al nuovo assetto, con interazioni di cantiere minime e nessuna interruzione delle attività sanitarie. Il costo-base dell’intervento complessivo è stato calcolato in 128,5 milioni di euro, al netto di Iva, possibili imprevisti e piccole possibili varianti in corso d’opera, incremento dei costi dei materiali. Un intervento realizzabile dunque con un investimento relativamente modesto.

Le prospettive future, al di là dei “muri”

La parola passa ora alla nuova Giunta regionale. La comunità ternana e l’Umbria meridionale hanno un assoluto e urgente bisogno di certezze sulla sanità pubblica che rappresenta il cuore dei diritti sociali costituzionali ed è perciò irrinunciabile. È necessario un deciso e rapido cambio di rotta rispetto al recente passato. I “muri” hanno una forte valenza funzionale e strumentale ma, come ricordavamo all’inizio, le performance di un ospedale dipendono soprattutto dall’offerta di servizi, dalla qualità delle risorse umane e dell’organizzazione assistenziale, dalle risorse tecnologico-sanitarie disponibili e, non da ultimo, dall’attenzione politica e gestionale. L’Azienda ospedaliera di Terni, oltre a rappresentare l’unico vero ospedale dell’Umbria meridionale, ha dimostrato, per decenni, la sua indiscutibile utilità per tutta la comunità regionale, a costi sostenibili, come dimostrato anche dalle recenti rilevazioni del debito delle aziende sanitarie. Va sostenuta nell’interesse tutta la regione. Il disegno di depotenziamento avviato dalla passata Giunta regionale, oltre a rompere equilibri preziosi, ha rappresentato una profonda ferita alla coesione regionale che va assolutamente risanata.

Nell’immagine di copertina il rendering dell’ingresso dell’ospedale secondo il progetto di ampliamento curato dal comitato

2 commenti su “Un progetto sostenibile per l’ospedale di Terni

  1. Ho seguito questa ipotesi di progetto dall’ inizio, portato avanti da due gruppi, politicamente anche diversi. Sono stato sempre favorevole alle modifiche effettuate e ora condivido il progetto conclusivo. Spero sia di gradimento al provinciale e al regionale.

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