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Il diario di una stagione al lavoro. Parte 4. La routine

 

Questa è la quarta parte di un diario il cui autore è un neo laureato che ha scelto di lavorare in una città di mare nel periodo estivo. È un racconto in prima persona, che si svolgerà in diverse puntate, delle vacanze viste con gli occhi di chi lavora. Qui c’è la prima parte, qui la seconda, qui la terza

Il filo conduttore del diario si va a perdere, complice il lavoro e la mole di attività da svolgere durante la giornata. Il laptop è un’opzione che perde di valenza e di operatività, rispetto alla mia quotidianità iniziale. Si prediligono svaghi meno impegnativi e più rilassanti, rispetto alla scrittura. Non che la scrittura sia secondaria, però complici le luci dello schermo e la poca lucidità, in termini di creatività si perde lo smalto. Il contesto tende ad essere meno coinvolgente e ripetitivo, complice la perdita della novità iniziale. Si scrive di lavoro, di obiettivi, di episodi e di sensazioni. La domanda che mi pongo è: al lettore cosa piace leggere? Che parli di ciò che vivo? Di ciò che vedo? Di ciò che sento? Di certo, in questi giorni di episodi ce ne sono stati diversi e scriverli tutti, non è un’opzione valida. Oggi, o per meglio dire nel momento in cui scrivo, mi rivolgo al lettore, a colui che sta leggendo queste righe e si immagina come possa scrivere, se seduto in una sedia o sopra il letto. La scelta delle parole che uso e di quali argomenti prediligo trattare. Trovare una sistemazione nella quale scrivere non è semplice, ma la preferita rimane la “classica” da scrivania, ovvero con il laptop sopra un tavolo e la sedia disposta di fronte. Una scrivania in termini esatti nell’alloggio non è presente, ma l’avere a disposizione un tavolo prova a rendere l’idea. Si cerca di scrivere nei ritagli del tempo libero che si ha a disposizione, anche se a livello di produttività si concentra una maggiore resa nel periodo serale.

In termini lavorativi si ha una diversificazione della clientela, infatti iniziano ad esserci clienti che si fermano diversi giorni e la predisposizione del cliente cambia radicalmente. Si conoscono storie e provenienze, oltre che soli volti. Il mio nome non rimane ancorato solo ai colleghi, ma è quasi di dominio pubblico. C’è chi è informale dandoti del “cameriere” o chi presenta un tono più confidenziale e quasi amichevole nei tuoi confronti. L’impatto è diverso, in quanto la prima opzione è come se non considera chi sei, ma ciò che svolgi, ovvero una attività di mero servizio ricettivo. L’altra opzione gettonata, è l’alzata dell’intera mano o del dito indice, per cercare di attirare la tua attenzione e presentarti domande o perplessità in un’eventuale situazione che si potrebbe verificare, come avere informazioni sulle portate o la richiesta di acqua, di bevande o di vino. I tempi stringono e le giornate iniziano a scorrere più velocemente. Si inizia a prendere il ritmo e il servizio in sala diventa più automatico e dinamico, come se si stesse rodando l’ingranaggio. L’occhio diventa più attento alle esigenze dei clienti e i movimenti diventano più fluidi. Il rango da tenere sotto stretta sorveglianza, diventa fondamentale nel prosieguo del servizio sia di pranzo, sia di cena. Una collaborazione eseguita con la cucina, fornitrice delle portate.

In un mese, da quando sono arrivato, è arrivato un evento tanto atteso quanto non voluto dai villeggianti, perché non permette di svolgere le attività programmate per i giorni di relax della vacanza in corso. Ci sono stati due giorni di nuvole e pioggia che hanno rinfrescato l’aria. Inutile dire che l’auto, in rimando all’articolo precedente, l’ho dovuta portare a lavare in quanto la sabbia l’ha impolverata nuovamente. I volti dei villeggianti non sono stati piacevolmente colpiti e le esclamazioni riguardanti la possibilità che non si è potuto andare in spiaggia o in piscina hanno predominato la scena. Per noi che lavoriamo è stato un piccolo momento di sollievo, perché ci ha permesso di tornare ad avere delle temperature accettabili, nonostante l’afa e l’umidità. Le strade, alcune piene di pozzanghere, mi hanno lasciato il ricordo di evitare alcuni posti durante la pioggia. L’ombrello ha attutito le gocce che cadevano dal cielo impedendo all’acqua di colpirmi, ma non ha avuto lo stesso effetto per la parte inferiore del corpo, in particolar modo con le scarpe, che sono risultate completamente fradicie alla fine della passeggiata.

Ho scritto “in un mese” ed in effetti è passato tale periodo da quando ho messo piede in questo luogo, inizialmente conosciuto solamente con i mezzi della rete. Premetto che la prime settimane sono state diverse in quanto la scoperta i nuovi luoghi, mi hanno portato ad accrescere la mia curiosità e sono stato assorbito nel clima vacanziero. Ho effettuato diverse passeggiate e trovato alcuni punti chiave che mi potevano servire per il prosieguo della stagione e in effetti lo sono stati e lo sono tutt’ora. Si è arrivati al primo giro di boa, per utilizzare un termine sportivo. Termine che ricordo di aver ascoltato durante alcune gare automobilistiche. Un mese che ha regalato diversi spunti per la scrittura, come si può ben leggere da questi miei articoli, anche se a livello produttivo è calata l’intensità delle parole utilizzate e delle ore passate davanti al laptop. Ci si trova in una sorta di situazione di stallo, dove risulta difficile trovare argomenti di cui trattare.

In copertina, foto dal profilo Flickr di Ron Mader

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