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Give me 5G. La rete super veloce, amica o nemica?

 

Elettrodomestici che comunicano tra loro, chirurghi che operano a centinaia di chilometri di distanza, auto che si guidano da sole. Sono solo alcuni esempi dell’Internet of things (Iot), la rete di quinta generazione che promette di rivoluzionare le nostre abitudini e le nostre città. Velocità ma non solo, il 5G si dichiara in grado di abilitare applicazioni altrimenti impossibili. La rete 5G in Italia non sarà disponibile prima del 2022, ma antenne sperimentali sono già state installate in città pilota come Milano, Torino, Prato, Matera, Bari e L’Aquila mentre in America è già attiva ovunque.

Skills

Internet of things, l’Internet degli oggetti, è un neologismo coniato da Kevin Ashton nel 1999 a indicare l’infrastruttura costituita dall’interconnessione di oggetti, sensori, dispositivi in grado di raccogliere dati, elaborarli e trasferirli in rete il cui scopo è quello di farli interagire tra loro. Funzione che è collegata ai Big Data, che indicano l’elaborazione algoritmica dei dati al fine di ottenerne correlazioni specifiche, ovvero la profilazione degli individui per inviare pubblicità e fornire servizi o prodotti personalizzati.

Come

Il 5G si propaga attraverso onde millimetriche che viaggiano su frequenze ancora poco utilizzate e che garantiscono più banda a tutti gli utenti. Le onde millimetriche, però, non oltrepassano i muri di un palazzo e possono essere assorbite da piante e dalla pioggia, ecco perché per non perdere il segnale servono più antenne e ad una distanza più ravvicinata. Il segnale, quindi, sarà irradiato non 180 gradi, ma precisamente all’utente evitando, così, interferenze e dispersione di campo. Tutto questo renderà possibile immaginare come nel 2022 le nostre città diventeranno vere smart cities, ovunque e sempre connesse.

Connessioni

Se nel 2015 gli oggetti connessi erano circa 5 miliardi, nel 2018 sono passati a 8,4 miliardi, la proiezione per il 2020 è di 24 miliardi, con un impatto ancora forse ancora poco definito sulle nostre vite quotidiane. Un oggetto dopo l’altro connesso a internet, tutti in grado di rilevare dati correlati alle nostre attività, non solo avremo una moltiplicazione esponenziale dei dati raccolti, ma anche un aumento indiscriminato dei soggetti che potranno accedere ai nostri dati. Molto spesso senza alcuna consapevolezza da parte nostra. Un mercato che vale 26 miliardi di dollari e che promette di collegare ogni cosa intorno in noi.

Internet fa girare il mondo

Fonte: Chad Callahan e Lori Lewis
Un minuto in internet 2019. Fonte: Chad Callahan e Lori Lewis

È innegabile, internet fa girare il mondo. E lo fa con numeri impressionanti. I guru dei social media Chad Callahan e Lori Lewis hanno diffuso recentemente la loro ultima analisi per l’anno 2019 su cosa accade su internet in ogni minuto. Ogni 60 secondi vengono inviati 188 milioni di mail, vengono spesi online oltre 1 miliardo di euro, si scaricano 390.000 app e ci si scambia quasi 42 milioni di messaggi istantanei, mentre vengono caricate su Instagram 46.200 nuove immagini e vengono fatte 3,8 milioni di ricerche su Google.

I rischi

Per i cittadini, il principale problema legato all’Internet of things riguarda la tutela della privacy e il corretto utilizzo dei dati. Vivere tra sensori, misuratori e oggetti di uso quotidiano in grado di raccogliere e scambiare informazioni su come vengono utilizzati, sulle nostre abitudini e sul nostro stato di salute espone ognuno di noi al rischio di perdere il controllo di ciò che comunichiamo su internet.

Un campanello d’allarme che in Europa ha fatto moltiplicare le iniziative istituzionali per garantire la sicurezza dei dati e dei cittadini. Il Working Party Article 29 ha analizzato le problematiche relative all’IoT in un parere del 2014 (Recent Developments on the Internet of Things), fornendo una serie di raccomandazioni per gli operatori del settore per contribuire alla realizzazione di una regolamentazione uniforme, con l’identificazione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti che operano nel settore Iot. Sostanzialmente i rischi dell’Iot sono:

  • furto o uso illecito dei dati acquisiti;
  • hackeraggio dei sistemi che trattano i dati con conseguenze di alterazione e manipolazione dei dati stessi;
  • hackeraggio dei sistemi con conseguente manipolazione del funzionamento degli stessi e rischi anche fisici per le persone coinvolte.

E l’Umbria?

E in Umbria il 5g a che punto è? Il consigliere regionale Andrea Fora (Patto civico per l’Umbria) ha annunciato la presentazione di una interrogazione alla Giunta regionale in merito alla tecnologia 5G, sulla sua «diffusione in Umbria e sulla sperimentazione». Fora non manca tuttavia di precisare che «l’intento dell’interrogazione non è ovviamente quello di demonizzare lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, quanto quello di monitorare secondo un principio di ragionevole prudenza ciò che si sta realizzando in Umbria». “«La connessione ultraveloce ad internet e le connessioni tra oggetti di uso comune – spiega – sono un balzo in avanti nel futuro, che però comporta anche ricadute significative sull’esposizione della popolazione alle onde elettromagnetiche. Il dibattito scientifico in materia è molto vasto e gli studi non sono univoci anche in considerazione del breve tempo di verifica dei possibili effetti prodotti. La scarsa trasparenza rilevata nell’avvio del processo di sperimentazione non aiuta di certo a fare chiarezza e ha, anzi, contribuito a generare le legittime preoccupazioni delle popolazioni residenti».

Fora, in conclusione, ritiene che «l’acquisizione di questi dati e l’adozione dei comportamenti suggeriti nell’interpellanza da parte della Regione potrebbero favorire un clima di maggior comprensione e fiducia del fenomeno».

Fora chiede inoltre «se si è valutato se la normativa regionale ricomprende le autorizzazioni per gli impianti necessari all’implementazione del 5G allo scopo di agire sul controllo e definizione puntuale del dimensionamento e posizionamento degli impianti di rete sul territorio regionale, passaggio fondamentale per tutelare tutti gli interessi in gioco, dal punto di vista sanitario, ambientale e infrastrutturale». Ed ancora: «Se non (si) ritenga opportuno procedere alla ricognizione delle antenne presenti nel territorio regionale (quelle attive e attualmente autorizzate) e individuazione d’intesa con i Comuni e gli operatori cellulari delle aree comunali dove poter collocare eventuali nuove antenne che andrebbero a garantire i servizi di telecomunicazione in zone attualmente scoperte».

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