Economia Umbria Marche verso il sud
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Umbria fanalino di coda dell’Europa

 

Con un’economia ferma, con le piccole imprese che non tirano più e fanalino di coda dell’Europa, l’Umbria scivola verso il Sud. A raccontarlo è il rapporto 2019 firmato da Svimez (l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) e che passa ai raggi X i Pil di Umbria, ma anche di Marche, oramai sotto la media europea del 100%.

Svimez- Pil regionale per abitanti (2006- 2017)
Fonte: Rapporto SVIMEZ 2019 sull’economia e la società del Mezzogiorno

Tra il 2008 e il 2018, come riportato nelle tabelle allegate al Rapporto, l’Umbria ha perso il 15% del Pil, passando da 23,3 miliardi di euro a 20,1, mentre quello pro capite è passato da 26.106 a 24.651 euro. A raccontare la storia difficile di una terra, l’Umbria, i suoi principali indicatori socio economici, quali i dati relativi al Pil, le infrastrutture, l’Università. Numeri su numeri che portano ad una sola lettura: l‘Umbria è fanalino di coda dell’Europa e a certificarlo è il bilancio dell’Unione europea (Eurostat regional yearbook 2019). Una mazzata che ha solo un risvolto positivo: ci saranno più fondi europei a favore per rimettere l’Umbria in carreggiata.

Eurostat regional yearbook 2019
Eurostat regional yearbook 2019

Spopolamento e Pil

I residenti delle due regioni sono in calo: agli 882 mila per l’Umbria si aggiunge il milione e 1.532 mila delle Marche, insieme (2.414.000) neanche quanto la popolazione di Roma (2.856.000). Dal 2010 al 2018 in Umbria si è registrato un calo del 2,7% di abitanti (fonte Istat). Altri raffronti: l’Umbria con i 21,3 miliardi e le Marche con 41 milIardi non sono neanche la metà del Pil della Capitale (dati 2017 Istat).

La variazione percentuale del Pil regionale 2016-2017 registra -0,19% per i vicini e 0,05% per la regione verde. Due modelli in difficoltà, «solo il Molise ha fatto peggio», secondo il rapporto. Il trend storico di Pil pro capite è ancora più sconfortante. Partendo da quota 100 per indicare paese Italia, dal 1995 l’Umbria è scivolata dal 99,1%, al 93,8% (2008) all’83,8% nel 2017. Dati che portano Eurostat a retrocedere la nostra regione «dalle più ricche a quelle di transizione nel Vecchio Continente».

Infrastrutture

Infrastrutture, altra nota dolente. L’interminabile Quadrilatero che non vede la fine e che invece potrebbe svolgere un ruolo di volano dell’economia, due aeroporti che non decollano, il raddoppio della linea ferroviaria Falconara-Orte, programmato sin dai primi anni ’80, ancora incompleto. Lo scalo di Sant’Egidio, ribattezzato San Francesco per dargli maggiore visibilità, si ferma a 223mila passeggeri annui, quello di Falconara arriva a 453mila, numeri che se paragonati a quelli di Pisa, Firenze e Pescara (da sola a 666mila utenti), fanno capire quanto il lavoro da fare sia ancora tanto. Secondo la classifica di Assaeroporti 2018, il terminal San Francesco è al 31 esimo posto con un calo del 10% rispetto all’anno precedente e in calo del 18% rispetto al 2015. L’aeroporto marchigiano non se la passa meglio: si ferma al 26esimo posto con un calo di quasi 7% rispetto al 2017 e -12 rispetto al 2015. Performance migliori le registra anche lo scalo di Lampedusa con i suoi 270mila passeggeri all’anno. Tra le mete previste nei due scali si nota che molte si sovrappongono ma sopratutto che le destinazioni servite sembrano per lo più orientate ai flussi di uscita piuttosto che in entrata.

Fonte: Assaeroporti

UNIVERSITÀ

Anno Accademico 2017-2018 Fonte Censis

Due regioni, cinque atenei in un raggio di 60 chilometri con un numero di iscritti complessivo di 70 mila studenti (anno accademico 2017-2018) che guarda con una certa ansia agli 81mila di Bologna e ai l00mila de La Sapienza (Fonte Censis). Paradossale la presenza di corsi di laurea in Giurisprudenza e Scienze matematiche fisiche e naturali in 4 atenei umbro marchigiani su 5.

Servizi sanitari

Fonte: Censis
Fonte: Censis

Il nodo dei posti letto, i reparti specializzati e la complementarietà possibile fra strutture ospedaliere di confine segnano i limiti e le prospettive della sanità umbra e marchigiana al bivio. In questo settore l’Umbria ha retto meglio, perdendo in 13 anni, 259 posti letto rispetto ai 1.615 nelle Marche (fonte Istat).

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