Secondo nobile tradizione la miscela tra ottimismo e pessimismo, tra volontà e ragione è la migliore tra le formule possibili per fare della realtà, dello stato delle cose, uno spazio migliore, un luogo perfettibile regolato dall’armonia del tempo.
Le formule quando hanno a che fare con l’umano lasciano il tempo che trovano, tanto che rintracciare ragione nei comportamenti dei volenterosi contemporanei rimane esercizio ostico se non impossibile.
Gli show televisivi, che non si limitano alla televisione, hanno ormai fatto un sol boccone della diplomazia o meglio di quel che rimane di essa. I personalismi, che altro non sono che la versione edulcorata della tribale mitizzazione della figura del capo, hanno sostituito la politica, così ogni risultato positivo raggiunto non dipende dalla capacità di mediazione delle parti in causa, ma dal fascino, ai confini con il magico, esercitato dal leader.
Il sovranismo si è imposto di fatto e le sue regole, che regole non sono visto che dipendono dagli umori del più carismatico tra i leader, dettano tempi e impongono misure. I sovranisti sembrano pilotare i volenterosi a piacimento piegandoli al volere della propria ragione, mentre questi ultimi annaspano fiduciosi accecati dall’ottimismo che li costituisce. Una rappresentazione scenica farsesca che si tinge di tragedia visto che di mezzo c’è la guerra con tutto il carico di vittime e distruzione che si trascina e la definizione di un nuovo ordine mondiale che fa della pace, degli organismi sovranazionali e dell’Europa vittime sacrificali.
Ogni sovranista tende a far grande o far tornar grande il proprio reame, ogni reame per esser o per tornar grande deve sopraffare un altro reame, tanto che la logica del pesce grande che mangia il pesce piccolo domina indiscussa facendo della deterrenza (tra sovranisti) catena di comando. Ma fino a quando i sovranisti avranno nemici comuni (l’Europa, gli organismi sovranazionali, i migranti, vari ed eventuali) dormiranno sonni tranquilli; quando quei nemici finiranno, l’abilità starà nel crearne di nuovi senza soluzione di continuità, il cannibalismo salirà alla ribalta e l’armonia sospesa lascerà campo alla forza bruta. Ma questo tempo sembra lontanissimo a venire.
Trump dirige l’orchestra salendo sul piedistallo del potere assoluto, nel frattempo si complimenta con Meloni che da buona sovranista si complimenta con se stessa. Zelensky dimostra di aver capito la lezione attraverso la sobrietà dell’abito, sullo sfondo la figura di Orban, ricondotto alla ragione della sovranità, sembra acquisire posizione centrale nella faccenda. Putin da convitato di pietra e da precursore di tutti i sovranisti si limita ad annotare in attesa dell’ennesimo spariglio. La guerra che, non me ne vorranno i volenterosi, da che mondo e mondo in mancanza di diritto e diplomazia, definisce e ridefinisce i confini continua imperterrita a tambureggiare alternando gli obiettivi militari con quelli civili, in uno scempio che sembra non volere fine.
Al contempo nell’altro fronte, che fronte non è visto che non vi è guerra ma distruzione unilaterale da parte di Israele su quel che rimane della Striscia di Gaza, l’allineamento dei sovranisti, rotto solo formalmente dalle esternazioni sdegnate di qualche protagonista, garantisce carta bianca al governo, che più di destra non potrebbe sere, eletto democraticamente di Tel Aviv. Un governo legato a doppio filo alla guerra al punto che senza guerra, o meglio senza esercizio armato di sopraffazione, non riuscirebbe a sopravvivere.
Il caos, che è ordine declinato e coniugato con altri modi e altri tempi, regna indisturbato sul pianeta terra, un pianeta in cui gli umani hanno perso umanità, i sovranisti hanno trovato ragione e chi sovranista non è si è ridotto all’impotenza della volontà. Insomma la realtà non lascia speranza, perché la speranza si è arresa di fronte alla virulenza della realtà. Si cerca il tavolo della pace con Putin, nella speranza recondita che a quel tavolo mai si sieda, visto che il post zarismo russo rappresenta la presunta minaccia che costringe l’Europa al riarmo, mentre si resta silenti e sbigottiti di fronte a un massacro che si potrebbe fermare, ironia macabra della sorte, con un po’di buona volontà.
L’Europa, che dei diritti universali e della pace ha fatto da sempre ragione costitutiva e costituente, è agonizzante, ma finge di non saperlo, messa all’angolo dalla nuova presa egemonica americana che fa dei dazi guerra e della guerra mercato, e minata al suo interno dai governi sovranisti che vedono Trump come faro e il nazionalismo come porto.