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Umbria, la maggioranza che boccia se stessa

 

Se ci si attarda sugli scambi di battute tra i pasdaran della maggioranza e quelli che sempre più spesso vengono definiti i rosiconi di sinistra, tra i cantori del nuovo corso che ha fatto giustizia del regime rosso e i loro oppositori, si rischia di perdere di vista uno degli elementi qualificanti del primo governo di destra nella storia dell’Umbria, cioè che la bocciatura più pesante nei suoi confronti è quella che arriva da Fratelli d’Italia. Quel partito, che pure della maggioranza fa parte, non l’ammetterà mai esplicitamente, ma la dichiarazione rilasciata al Corriere dell’Umbria lo scorso 31 gennaio da uno dei suoi esponenti più in vista, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in cui si scandisce che non si vede «l’utilità di entrare in giunta ora», è un plateale atto di sfiducia.

Il titolo in prima pagina del Corriere dell’Umbria del 31 gennaio 2023

Sì, il quadro politico ha delle sue peculiarità che possono portare a ragionare in termini di tattica: i rapporti di forza tra Lega e Fratelli d’Italia si sono letteralmente rovesciati nell’arco di tre anni, e ciò può solleticare l’istinto dei meloniani di prendersi Palazzo Donini direttamente e non per interposto partito, alla prossima tornata. Ma non si può trascurare che quello di Tesei è, appunto, il primo governo di destra nella storia dell’Umbria, e una tale lontananza da parte di una delle sue componenti – una lontananza che porta addirittura a non vedere l’utilità di farne parte – è un macigno sul bilancio dell’operato di un esecutivo che avrebbe dovuto essere storico.

Non è una questione di singoli provvedimenti, ma di umore di fondo. A distanza di più di tre anni dal suo insediamento e a meno di due dalle nuove elezioni il tratto peculiare della giunta Tesei appare quello di un esecutivo incolore e incapace di affrontare le questioni regionali più urgenti, che tende a confondere la politica con l’ordinaria amministrazione. I pochi atti ricchi di simbolismo, si pensi alle polemiche sollevate sull’aborto farmacologico e l’utilizzo della pillola Ru486, sono stati segnati da un ideologismo ai limiti del reazionario. Il settore pubblico e chi ci lavora sono considerati pressoché un intralcio e si assiste a un revival grande operistico (Nodo di Perugia, stazione per l’alta velocità, inceneritore) e a un’affermazione del primato dell’impresa che erano concetti già datati alla fine del secolo scorso e che sbandierati oggi appaiono ai limiti del grottesco. «Rivoluzione verde» non è uno slogan di trinariciuti ambientalisti ma una locuzione che innerva i documenti dell’Ue; «mobilità sostenibile», «inclusione sociale» e «salute» sono capitoli del Pnrr. Si tratta di sfide che avrebbero bisogno di un pubblico che ritrovi la sua ragione d’essere, tanto più in una regione in cui la povertà dilaga, le aree interne si desertificano e le imprese mediamente non brillano né per innovazione, né per investimenti in ricerca, né per produttività. Invece qui non si riescono neanche a smaltire le liste d’attesa in sanità e si costringono ottantenni a spostarsi anche di cento chilometri per una gastroscopia.

Fratelli d’Italia non boccia tutto questo per un’adesione ai principi del progressismo; non marca la sua distanza dal governo regionale perché colpito dall’epidemia della povertà o perché convinto della ormai necessaria «rivoluzione verde». È con tutta evidenza un partito conservatore il quale però, complice il fatto che non è adeguatamente rappresentato all’interno dell’esecutivo, sente meglio dei suoi alleati che qualcosa stona, e marca le distanze.

L’umore di fondo a tinte fosche, generato da quella sorta di malcelato tirare a campare in cui consiste l’attività del governo regionale, è così pervasivo che chi sostiene la destra risponde alle critiche sempre più spesso non tanto ricorrendo ai risultati centrati o alle premesse per raggiungerli, quanto al presunto malgoverno di quelli di prima che avrebbero lasciato una situazione devastata. Lo sguardo è rivolto all’indietro, insomma. E quello che si annunciava per essere un esecutivo che doveva rivoluzionare l’Umbria, vivacchia tra annunci datati e vecchi problemi che rimangono lì. Impregnato di un’ideologia anacronistica che non consente di affrontare la realtà.

In copertina, foto da publidomainpictures.net

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