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Internazionale

Le due anime della Moldova

 

Quando è morto papà, sono volata a Chișinău e ho dormito una notte in casa sua. Ho diviso tra i vicini i suoi abiti e le sue cravatte. Non ho toccato i suoi libri. Poi mi sono seduta sul bordo del letto e ho acceso la tv. Era un canale russo. Una giovane signora cantava una canzone d’amore. La cosa mi ha talmente spaventata che ho buttato via il telecomando e mi sono subito alzata. Papà odiava la lingua russa, papà odiava i russi. Era decisamente sbagliato ascoltare una canzone d’amore in lingua russa in casa sua, nella casa di un uomo ora morto, ma che per tutta la vita aveva combattuto contro il sistema sovietico e aveva tanto desiderato parlare una sola lingua: la lingua romena. In quel preciso istante la sua figura si è presentata nitida davanti ai miei occhi: un anziano pieno di rimpianti, con i pugni serrati, con quella lingua straniera avvolta intorno al collo a mo’ di cappio. È stato allora che ho cominciato a piangere veramente, per tutto. Se ho abbandonato l’Unione Sovietica, è successo quella notte.

 

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