È difficile sfuggire all’impressione che sotto l’istinto predatorio con cui l’opposizione si è lanciata sull’ultimo fatto di cronaca che si è verificato a Perugia e che è stato amplificato da servizi andati in onda su reti nazionali ci sia qualcosa in più della semplice volontà di propaganda. L’accecamento irragionevole con cui si agita lo spettro della sicurezza congiura per portare alla conclusione che sì, di bieca propaganda si tratta. È accecamento irragionevole perché è perfino offensivo per l’intelligenza comune ritenere che un’amministrazione si insedi con l’intento di trasformare in Gomorra la città che governa. È accecamento irragionevole perché non rientra nel novero delle cose possibili che dieci mesi di governo di un colore politico abbiano trasformato in inferno il presunto paradiso realizzato nei precedenti dieci anni dal governo del colore politico opposto. È accecamento irragionevole perché oggi qualsiasi persona dotata di un dispositivo con connessione a internet e un motore di ricerca è in grado di rinvenire articoli che narrano di fattacci di cronaca accaduti nei dieci anni in cui si sarebbe realizzato il paradiso a Perugia. È accecamento irragionevole ritenere che un inseguimento notturno con aggressione a colpi di spada possa essere collegato alla cancellazione dell’ordinanza contro i mendicanti all’esterno dei supermercati o alla mancata nomina di un salvifico assessorato alla Sicurezza. È accecamento irragionevole, infine, abbarbicarsi all’idea che i compiti di polizia siano in capo all’amministrazione comunale. Un Comune non è dotato dell’equivalente che a livello di governo nazionale è il ministero dell’Interno: in ambito locale ci sono prefetti, questori, comandanti di carabinieri che come è noto non dipendono dall’amministrazione comunale.
Quindi sì, c’è dell’accecamento irragionevole che induce alcuni attori e attrici politiche a fare propaganda utilizzando argomenti intimamente privi di logica contro i propri avversari per acquisire consenso. Ma c’è dell’altro. Perché dell’accecamento irragionevole sono in prima battuta vittime gli stessi che si trovano in posizioni rappresentative tali per cui il loro modo di pensare viene amplificato per dovere di cronaca fino a rischiare di diventare egemone. In breve: loro sono convinti e convinte di quello che dicono, quella non è solo propaganda becera, nelle loro intenzioni. Come si produce tutto questo?
L’accecamento irragionevole è conseguenza diretta di una sorta di semplicismo solipsistico che porta a pensare la società a propria immagine e somiglianza rigidamente normotipica. Tutti e tutte lavorano, mettono su famiglia, fanno figli, desiderano spostarsi in macchina per raggiungere il supermercato più attraente per fare la spesa (per questo, detto per inciso, scatta il riflesso pavloviano del sì a qualsiasi nuova apertura o ampliamento di centro commerciale). Il solipsismo consiste nella cancellazione dal proprio orizzonte del fatto che l’esistenza è più escrescenza che levigatezza. Che c’è un’eccedenza che fatica a stare recintata nelle griglie in cui la si vorrebbe chiudere. E che, semplicemente, c’è un mondo al di fuori del sé che potrebbe patire sofferenze e avere esigenze e desideri differenti da quelli del sé con i quali si misura il mondo. Su questo solipsismo si innesta il semplicismo stratificatosi in decenni in cui gli slogan hanno sottratto man mano sempre più spazio alle spiegazioni razionali, per cui se c’è qualcosa che turba la levigatezza normotipica con cui il sé esorcizza la realtà ci deve pur essere un capro espiatorio sul quale scaricare le inevitabili tensioni che gli slogan non consentono di contemplare. È così che il semplicismo solipsistico riproduce se stesso e rischia di farsi egemone: dà risposte dirette, che gratificano, ancorché prive di fondatezza. Negli effetti è l’equivalente di una sostanza psicotropa, sebbene inconsistente.
Il semplicismo solipsistico affligge in maniera trasversale, e anche se la parte più conservatrice della società ne è colpita in misura maggiore, i cosiddetti o sedicenti progressisti ne sono a loro volta colpiti. Perugia non si tocca, o ancora: basta gettare fango su Perugia sono stati i refrain con cui alcuni degli esponenti che ne fanno parte e alcuni dei sostenitori dell’amministrazione comunale hanno reagito agli attacchi irragionevoli seguiti al fatto di cronaca finito sulle reti nazionali.
Ci permettiamo di dissentire, e ci sfiliamo e invitiamo a sfilarsi da argomentazioni del genere, frutto di semplicismo anch’esse. Se c’è una possibilità di rosicchiare egemonia al semplicismo solipsista è quella di respingerlo fin dalla radice. E quindi di opporre razionalità alla illogicità, contemplazione di escrescenza alla presunta levigatezza, relativizzazione contro assolutizzazione. La trasformazione in totem di una città e il culto dell’amministrazione che la governa sono altrettanti irrigidimenti presuntamente normotipici basati su un’assolutizzazione del sé che portano allo schieramento a prescindere e contribuiscono a trasformare la vita pubblica in un derby senza fine. Tutto si può mettere in discussione, tutto va soggetto a vaglio. Critica e analisi devono riprendersi lo spazio e il tempo che la velocizzazione imposta da quello che è stato battezzato il produci-consuma-crepa ha sottratto loro. Così ci si oppone in maniera radicale, oseremmo dire ontologica, all’accecamento irragionevole che rischia di guidarci sempre più giù. Così, forse, si può sperare di rosicchiare egemonia al semplicismo solipsistico, usando antidoti efficaci contro l’effetto da sostanza psicotropa che produce.