Una veduta di Ponte San Giovanni
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Ponte San Giovanni, la rigenerazione possibile

 

Passeggiando per Ponte San Giovanni, ho la sensazione di trovarmi in un luogo intriso di nostalgia, come se nel tempo avesse perso la sua identità. Lo si capisce bene percorrendo le sue strade, mal progettate e sovraccariche, dove spesso ci si imbatte in grandi fotografie in bianco e nero appese in vari punti della città. Immagini che ritraggono com’era Ponte San Giovanni prima della Seconda Guerra Mondiale e della successiva ricostruzione edilizia. Memorie di luoghi quasi irriconoscibili. Queste immagini sembrano testimoniare la fatica degli abitanti nel riconoscere la loro città, segno di un bisogno di ancorarsi a un passato ormai lontano. Le tracce antiche sono sepolte sotto un mare di cemento, frammentato come un grande puzzle. L’Ipogeo dei Volumni, con la sua incredibile bellezza, è un chiaro simbolo di questa mancanza di visione.

Ponte San Giovanni è stato ricostruito come una città per le automobili, un luogo di passaggio verso Perugia o, al massimo, un punto dove fermarsi velocemente in un negozio, sperando di non incontrare traffico tra i palazzi ciclopici che connotano la sua debole centralità urbana. Nonostante tutto, questa parte di Perugia ha ancora molte possibilità di riscoprire la sua relazione con il fiume e la collina, sfruttando la buona accessibilità al trasporto pubblico e le opportunità di intermodalità.

Un’opportunità da non perdere

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è arrivata un’opportunità unica per avviare un processo di rigenerazione che parta dagli spazi pubblici, ricucendo i pezzi di città oggi disconnessi. A differenza di altri Paesi europei, in Italia non è scontato che vengano stanziate risorse ingenti per progetti di rigenerazione urbana. Tuttavia, la pandemia, con le sue tragiche conseguenze, ha aperto uno spazio di riflessione e innescato misure che potrebbero, se ben sfruttate, portare a una ripartenza. Il progetto Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare), nato dopo un percorso partecipativo, ha rappresentato il primo passo in questa direzione, cercando di curare un tessuto urbano periferico come quello di Ponte San Giovanni. L’obiettivo era creare un sistema continuo di spazi pubblici che restituissero senso e dignità a una massa di edifici disorganici, collegando la stazione ferroviaria con alcuni parchi esistenti e varie funzioni, come le scuole, la piscina e la biblioteca. Al centro di questo nuovo disegno c’è piazza Chiabolotti, pensata come la cerniera di collegamento tra le diverse parti della città, ampliando l’attuale spazio verde e trasformando l’anonimo spiazzo usato come parcheggio in un luogo di qualità.

Piazza Chiabolotti e la variante proposta

La variante proposta dall’amministrazione comunale, su spinta di un gruppo di cittadini, modifica il coraggioso tentativo di trasformare questo spazio pubblico, confermandone la destinazione a parcheggio. Questa evidente retromarcia deve essere valutata da una prospettiva più ampia. Ponte San Giovanni è caratterizzato da vuoti urbani scollegati, che potrebbero ritrovare coerenza grazie a una nuova spina dorsale pedonale in grado di ricucire funzioni e rendere vivibili gli spazi della città. La realizzazione di un parcheggio in piazza Chiabolotti spezza in modo netto e grossolano la relazione fisica e visiva tra gli spazi, indebolendo il senso complessivo del progetto e la sua proposta innovativa. Se considerata in questa prospettiva, la questione non è solo legata al parcheggio, ma rappresenta un passo indietro rispetto alla possibilità di migliorare la vivibilità di un luogo. La modifica al progetto originale, infatti, evidenzia l’assenza di coraggio e visione da parte dell’amministrazione comunale, che avrebbe dovuto puntare su una svolta progettuale decisa e radicale.

Proposte per ridurre i danni

L’unica speranza rimane quella di limitare il danno, ottimizzando gli spazi destinati a parcheggio. Si potrebbero realizzare superfici permeabili per favorire la percolazione delle acque e piantumare alberi, capaci di mitigare l’effetto isola di calore e garantire una continuità visiva e fruitiva con la spina verde originale. Inoltre, è necessario ragionare sull’aspetto funzionale, promuovendo un uso promiscuo e temporaneo degli spazi, che combini il mercato settimanale con iniziative culturali legate, per esempio, alla presenza della biblioteca. Per rivitalizzare l’anonimato degli spazi, sarebbe utile aprire alcune funzioni urbane verso l’esterno, trasformando la loro introspezione in una maggiore proiezione verso la comunità.

L’unica vera variante: animare lo spazio

La vera modifica al progetto è completarlo e arricchirlo con attività di animazione sociale. In altre parole, è necessario rendere vivo lo spazio attraverso iniziative culturali che il Comune può integrare con le sue politiche urbane. Un esempio concreto sarebbe la creazione di un calendario di eventi capaci di valorizzare le energie sociali emerse durante il percorso partecipativo, ampliandole e coinvolgendo il terzo settore e le associazioni locali. Uno strumento utile potrebbe essere il patto di collaborazione, per trasformare i vuoti urbani di Ponte San Giovanni in beni comuni. L’unica vera variante è lavorare in modo integrato con il territorio, accompagnando la costruzione di nuovi spazi pubblici con percorsi di attivazione sociale, in grado di sprigionare le energie rigenerative della comunità.

Nella foto, l’abbattimento del complesso ex Palazzetti, finanziato con i fondi del Pnrr

Un commento su “Ponte San Giovanni, la rigenerazione possibile

  1. Quindi scusate, il comune si è definitivamente esposto su questo tema e ha deciso di andare avanti con il parcheggio sulla piazza? Non era in corso una fase di discussione con le associazioni del quartiere per trovare una via di mezzo?

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