Caro Thomas De Luca, caro Tommaso Bori, innanzitutto complimenti per l’impeccabile gestione degli appuntamenti elettorali dell’anno 2024, avete capito con anticipo siderale e in contrasto più o meno occulto con i vostri dirigenti nazionali e a volte locali come con l’elezione del sindaco di Terni in Umbria si fosse toccato il fondo, come l’ascesa al potere di Bandecchi avesse imposto di fatto, a chi aveva ancora occhi per vedere e orecchi per sentire, una drastica inversione di tendenza, una presa d’atto non rinviabile, una necessaria e urgente costruzione di una prospettiva altra, un lasciarsi alle spalle polemiche e incomprensioni per avviare una nuova stagione di patti chiari e programmi condivisi, un nuovo corso con avversari ben definiti teso alla ricerca costruttiva di elementi comuni e non più di continua polemica sulle mancanze e sui difetti dell’altro. Partivate svantaggiati, perché in Umbria e in particolare a Terni il partito di governo per eccellenza (il Pd) ha sempre addebitato ai cinque stelle la responsabilità di aver portato la destra al governo della città. Incapaci di una benché minima autocritica, accompagnati da buona parte della sinistra cittadina, i responsabili Pd sentitisi defraudati di ciò che più caro avevano – il potere, non il bene della città – finirono con l’essere equidistanti tra Latini e De Luca creando di fatto quella frattura che ancor oggi si manifesta con strascichi travestiti da ripicche. Se nel ballottaggio che cinque anni dopo ha premiato Bandecchi, parte della sinistra, andando contro le indicazioni partitiche o di movimento, ha volgarmente optato per meglio lo sfascio che il fascio, al tempo gran parte del centrosinistra preferì il sindaco di Salvini all’impertinenza del giovane pentastellato.
Ogni frattura abbisogna di cure e tempo per guarire, ma in politica per poter ricomporre servono anche l’umiltà, la determinazione e l’ascolto (dell’altro non di se stessi). Questo hanno fatto De Luca e Bori, mettendosi alle spalle un passato asfittico e conflittuale per sostituirlo con un venirsi incontro che con il tempo si è trasformato in fiducia reciproca. E la fiducia, il sapere di trovare sponda dall’altra parte, ha costituito la premessa per il successo di quello che è stato definito Patto Avanti. Hanno smesso di litigare adducendo le proprie ragioni, e hanno iniziato a dialogare mettendo in discussione le proprie ragioni, raggiungendo sintesi politica in grado di coniugare la qualità del programma (Patto) con la prospettiva temporale (Avanti). A ricordarseli circondati da una sfiducia ad angolo giro,nella conferenza stampa di presentazione della nuova alleanza di governo mentre la destra perugina stava distribuendo idealmente posti e poltrone certa della vittoria in Comune, sembra di catapultarsi nella preistoria e non nell’anno 2024, visto che Ferdinandi e Proietti, in una doppietta che a gennaio sembrava semplicemente fantasmagorica, hanno trasformato in dinosauri Margherita Scoccia prima e Donatella Tesei poi.
Ora quello che vi chiedo, ovviamente con l’inconsistenza del mio pensare e l’impalpabilità della mia parola, è di dare seguito a quanto fatto e di rinunciare a essere assessori, rimanendo uno (Bori) consigliere regionale e segretario regionale l’altro (De Luca) in cerca di parte certo di possedere l’arte della buona politica. Siete stati registi e attori di un’operazione che ha sottratto alle destre il governo dei nostri territori e che ha ridato alla politica sostanza più che credibilità e strategia di lungo respiro in luogo del solito tatticismo dal fiato corto. Essere al servizio “della causa”, si sarebbe detto un tempo in cui la causa sembrava certa e i partecipanti entusiasti, questo avete dimostrato di saper fare contro resistenze interne e diffidenza generalizzata, questo continuate a fare senza “pretendere” e senza accettare ruoli di potere che finirebbero per svilire giocoforza la bontà di quanto fatto finora. Continuate a innervare il Patto Avanti lasciando gli assessorati a figure al di sopra di ogni sospetto. Il Pd nell’assessorato chiave della sanità, i 5 stelle, se possibile, in quello relativo al nuovo welfare. Non per moralismo punitivo, ma per etica consequenziale.
Restituire funzionalità pubblica ed efficienza universalistica alla sanità è tanto urgente quanto complesso, ed è un lavoro politico in primo luogo che deve però fare i conti con una conoscenza profonda della materia e della struttura. Creare un nuovo welfare basato sulla protezione senza condizioni, sulla pretesa di voler tutelare gli indifesi che nulla hanno e niente possono dare in cambio – in parole povere un welfare centrato su un reddito di base declinato regionalmente, un welfare che sia in grado di restituire dignità alle persone senza demonizzare la loro improduttività – questa la vera scommessa da affrontare per il Movimento 5 stelle umbro, ben prima dell’agricoltura e dell’ambiente. Anche qui, come per la sanità, il primato della visione politica deve unirsi all’alta competenza in campo socio/economico, anche qui serve una persona che non si limiti alla rappresentatività territoriale.
Dall’Umbria si riparte, è stato detto da più parti, che l’Umbria allora sia da esempio portando alta la bandiera della sanità pubblica e di un welfare al passo con le storture contemporanee, in nome di una politica così disinteressata da fare dell’incanto realtà.